FRANCOBOLLI VIVENTI
Ti è arrivata una richiesta di amicizia. Accetti?
Facebook non è una caccia alla "faccia francobollo" da collezionare come un trofeo, accidenti. E a me non va di accettare amicizie fasulle tanto per ingrassare le fila dei presunti conoscenti. Mi viene in mente un verso della Szymborska: "Conta più chi ti conosce di chi conosci tu".
La mania della collezione di faccine dilaga, impazza. Ci sono iscritti con 5000 amici. Ma, dico io, quante ore del giorno hai a disposizione per avere 5000 amici??
O li vedi di notte, per tutte le notti della tua vita?
"Amico" è diverso da "conoscente", "amico di un amico", "persona incontrata una sera" e da "vicino di casa".
Forse bisogna riflettere sul termine "amico". Gli amici veri non sono quelli della De Filippi, e neanche quelli cantati da Antonelli Venditti.
Sono gli amici, silenziosi, non sbandierati, non celebrati, non cantati, che ci accompagnano durante il nostro passaggio su questa terra.
Sono quelli che ci conosco davvero, e che noi conosciamo. Con cui condividiamo, spesso o talvolta, veri pezzi di vita.
Ci sono gli amici dei momenti goliardici (i più) e gli amici dei nostri scontenti, delle nostre fragilità e malinconie (più rari, ma molto più preziosi), ci sono quelli con cui cenare (tanti) e quelli con cui condividere pezzi d'anima (pochi, pochissimi, un dono celeste).
Quelli che conoscono la nostra "immagine" e quelli che invece intrattengono una piacevole, rara confidenza con le verità del nostro cuore.
Di questi ultimi, le faccine di facebook sono scarse davvero.
Ma, in una società dell'apparire, bisogna – per essere fichi – apparire pieni di amici, sembrare mondani, socievoli, "impegnati" con un sacco di gente.
Eh sì, aveva ragione lei, la Szymborska: "Conta più chi ti conosce di chi conosci tu". Aveva ragione davvero.
ELOGIO DEL DUBBIO
A me non piacciono le certezze. Piacciono i dubbi.
Me ne convinco ogni giorno di più. Il dubbio ha molti effetti collaterali. Ti toglie certezze. Ti fa arrancare, a volte. Ti sfinisce. E ti ferisce.
Ma è un alleato prezioso.
Penso all'immenso bisogno di certezze che tutti abbiamo. E così mettiamo le cornici alle cose, le incaselliamo, le nominiamo. Con i nostri esorcismi, gli incantesimi, usiamo parole e cose per allontanarci dalla pericolosa zona "grigia", quel confine- non confine tra il bianco e il nero. Quello pericoloso. Quello che a volte ci toglie il fiato. Che distrugge i castelli mentali che abbiamo costruito. E che smantella le idee, i giudizi. Che toglie contorni alle nostre belle caselline, ordinate e pettinate come certi villini a schiera.
Il dubbio che arruffa ogni cosa, mette disordine, sposta i concetti, li mescola, li fa rimbalzare all'orizzonte.
E a volte scompaiono perfino, i concetti. Se ne vanno oltre l'orizzonte.
Il dubbio è come un "big bang", un'esplosione. Ma crea universi.
Certo, a noi piace più il praticello all'inglese, con l'erba tagliata tutte le mattine.
Il dubbio invece somiglia più a una zona selvaggia, aspra, remota. Coperta di muschi e licheni, abbondante di rovi. Disordinata.
Ecco, a me piace più questo paesaggio. Specie al mattino, quando le cose ancora non si sono vestite.
PEDALARE
Pedalare, il trucco è qui. Quando siamo bambini, i nostri genitori ci insegnano ad andare in bicicletta. La sostengono mentre, incerti e maldestri, tentiamo di stare in equilibrio da soli. Ma poi mollano la presa. E noi…andiamo. La vita è così: continuare quella pedalata, cercando di stare in piedi da soli.
LA COSMESI AI TEMPI DEL SILICONE
Certamente conosciamo tutti, e da tempo, le famose tette artificiali al silicone. Sono anni che quelle buffe protesi "plastificate" impazzano nel campo della chirurgia estetica. Ma i siliconi oggi sono dappertutto, sono nelle nostre creme, nei balsami, nei prodotti per il corpo.
Nace così la grande truffa dell'industria cosmetica. I siliconi (dimeticone e affini, tutti quelle sostanze che finiscono in "one") offrono l'illusione di una pelle liscia, giovane, senza rughe, perchè, di fatto, formano un film occlusivo che copre tutte le imperfezioni. Copre, appunto. E' come mettersi una busta di plastica addosso. Ecco allora la rassegna di promesse avanzate dalle più grandi case cosmetiche, da Estée Lauder a Chanel, da Dior a Yves Saint Laurent.
In più i siliconi migliorano la texture di una crema, la rendono morbida, vellutata, facilmente stendibile.
Ma il silicone non fa una mazza, anzi. Crea solo un effetto ottico che però ha anche un risvolto nocivo: questo film artificiale tra pelle e ambiente esterno finisce per occludere i pori e, alla lunga, seccare la pelle.
Invece eccoci qua, tutti a spalmarci i siliconi addosso. Magari pagando tantissimo (alcune creme costano fino a 400 euro al barattolo!).
Purtroppo non siamo educati al consumo attento, ma soggiaciamo in modo pecoreccio alle cavolate sparate dalle pubblicità. Io ho scoperto per caso, tempo fa, la truffa dei siliconi perchè per caso ho cominciato a indagare gli INCi su internet (l'INCI è l'identificazione dei componenti di ogni prodotto, lo trovate scritto a caratteri lillipuziani su ogni confezione). Roba da far venire i brividi. I siliconi sono ovunque, e ai primi posti di moltissimi INCI (primo posto uguale grande quantità). Perché? Perchè preferiamo tutti le illusioni, senza curarci dei danni eventuali.
Mi sono imputatata. Ho setacciato varie profumerie e farmacie esaminando gli INCI delle creme. Nulla, i siliconi erano ovunque. Ma mi sono imputata: possibile non ci fosse una crema, dico una crema al mondo, che ne sia estente? Beh, ho faticato parecchio per trovarne una. In farmacia.
Perfino le marche come Bottega Verde, che millantano prodotti naturali, ne fanno ampio uso. Alla faccia…del verde. Il silicone non è biodegradabile, e questo vale sia per l'ambiente che…per la pelle. Rimane lì, come una pappetta indistruttibile.
Oltre ai siliconi, le creme sono piene di derivati del petrolio e parabeni, altre sostanze occlusive. A me non piace l'idea di spalmarmi del petrolio in faccia, e a voi?
Per una serie di circostanze professionali mi sono trovata a collaborare con un'azienda che produce creme, saponi, shampi e balsami destinati agli alberghi. Dovendo scrivere i testi del loro sito, ho iniziato a parlare anche con i tecnici. Che mi hanno confermato quanto da me scoperto.
Se volete un riferimento serio, andate sul sito www.biodizionario.it, gestito da un chimico di alta esperienza (con il quale collabora anche questa azienda). Una voce, una sola voce fuori dal coro. Infatti, provate a cercare sul web notizie intorno ai siliconi nella cosmesi…e troverete pochi dissidenti (insieme a Zago, un altro sito, L'angolo di Lola, si occupa di questa faccende)
A parte queste "pecore nere", troverete inni alle case cosmetiche al silicone.
Tra l'altro queste sostanze hanno costi poco elevati.
E provate in profumeria a chiedere gli Inci dei prodotti: vi guarderanno come "nemiche" (a me è successo). Ma, credetemi, conta di più cosa c'è nel prodotto delle vane parole pubblicitarie (tutte uguali, oggi) con cui si promettono miracoli e ringiovanimenti.
Beh, certo, se copro tutte le rughe e i punti neri con petroli e siliconi, l'effetto sarà vellutato. Ma sotto che c'è? Meglio pulire che buttare la polvere sotto il tappeto, no?
Insomma, svegliamoci. Non restiamo come tanti imbecilli a sorbire le pressioni di industrie e consumi. Vale per tutto, ovviamente. Non solo per le creme.
Purtroppo viviamo in una società artificiale, posticcia, spesso incapace di riflettere in modo autonomo e consapevole. Ci addormentano, ci anestetizzano, ci danno succulente illusioni in cambio di sobrie, a volte frugali verità.
E noi ci ingozziamo. Ci ingozziamo di illusioni. Creiamo falsi bisogni, desideri in realtà indesiderati, mercati opulenti costruiti sul vizio del consumare, tutto, alla velocità della luce.
Ci facciamo prendere in giro e paghiamo pure per questo, sborsiamo cifre a volte da capogiro.
Beh, svegliamoci. Mentre noi rincorriamo il luccichio dei nostri desideri, il mondo va in pezzi.
CHE VOGLIAMO FARE?
Questa immagine è stata scattata da un fotografo al largo della Norvegia. Mamma orsa e il suo cucciolo sono alla deriva, su questo pezzettino di ghiaccio che va sciogliendosi, in mezzo al mare. Probabilmente affogheranno, come sta accadendo sempre più spesso a questi bellissimi animali a cui stiamo togliendo la vita, lentamente ma inesorabilmente.
A me questa foto fa male.
Mi fa male perchè mi sento responsabile. Lo sono io, lo siamo tutti. L’orso bianco è simbolo del riscaldamento del pianeta, che i più ancora si ostinano a minimizzare per non scomodare la bella vita a cui ci siamo abituati.
Beh, colleghiamo l’immagine di questi due orsi ai nostri deodoranti spray, ai siliconi con cui riempiamo le guance e le tette, alle nostre macchinette parcheggiate sotto casa. Colleghiamola ai nostri rifiuti, alle raccolte indifferenziate, ai sacchi di plastica…
Ma ne vale davvero la pena?
Io sono stanca di stare a guardare. Stanca di assistere all’omertà su questo sfascio planetario, stanca di vedere come l’uomo violenta la terra, strapazza la natura, la fa da padrone sul mondo. Stanca di sentire cazzate sulla "normalità" delle anomalie che stiamo vivendo.
A volte una foto, per fortuna, vale più di mille parole.
Questa foto è un bel pugno nello stomaco. E i cazzotti a volte fanno bene.
Peccato che, come sempre, a una pausa emotiva, al pentimento di un nanosecondo, segue un comodo oblio.
Invece siamo responsabili anche noi.
Il riscaldamento del pianeta è dovuto al calore del nostgro torpore.
Svegliamoci, tutti. Svegliamoci adesso. Ma adesso è già tardi.
L’anestesia collettiva che addormenta la nostra coscienza non può essere combattuta solo da pochi, è faccenda di tutti.
Questa foto – almeno per me – rappresenta un culmine, l’urgenza di un’interrogazione, una domanda appesa a una speranza sempre più sottile.
E la domanda è: che vogliamo fare?
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