6 gradi di separazione
Metti che hai un caro amico, con il quale hai un bel rapporto. E che decidi di presentargli un altro amico, divenuto tale in seguito al tuo incontro, qualche anno prima, con un "aspirante fidanzato" (in quanto la storia non si è mai realizzata a causa di uno scisma interno della scrivente che all’epoca aveva già un rapporto con un’altra persona). Lui è il migliore amico di questo ex -aspirante fidanzato, con il quale il sentimento si è in seguito trasformato in reciproco affetto. Tu e il suo amico vi siete conosciuti allora ma vi sentite ancora e – raramente- vi vedete. Infatti abita in un’altra città. Passato diverso tempo, decidi di presentare queste due persone, diversissime per età (una ha più di cinquant’anni, l’altra meno di trenta, tu stai…nel mezzo) approfittando di un soggiorno a Roma dell’amico del tuo ex-aspirante fidanzato. Le vuoi far conoscere per una convergenza di interessi che scopri. Cena insieme. Loro si piacciono molto, si chiacchiera tutti, c’è una bella atmosfera. A un certo punto si parla di una città sul mare, e di una bella casa sulla spiaggia. E… di tiro con l’arco. Non si sa come, si arriva a questo argomento. Il tuo amico più grande infatti tira con l’arco. Allora l’amico che vive in un altra città racconta di quando, tanti anni prima, in una bella casa nella città di mare tirrenica di cui si parla, il papà del suo migliore amico dell’epoca, che tirava con l’arco, durante uno dei tanti soggiorni estivi gli aveva fatto provare l’ebbrezza di un tiro. Ne ricorda la difficoltà. Ridi con loro. La cena termina tra scambi di opinione e dichiarazioni di stima. L’indomani l’amico più giovane, tornato nella sua città, ti chiama sconvolto. Già, perché la sera precedente ha parlato, senza rendersene conto, proprio con la persona che gli aveva fatto fare, moltissimi anni prima, quel famoso tiro con l’arco. Ma non l’ha riconosciuta. Poi, all’improvviso, il flash della memoria. Chiami l’altro amico e anche quello di colpo ricorda tutto: ma sì, lui era l’amichetto del cuore di suo figlio! E ricorda quel giorno lontano in cui hanno tirato con l’arco! (e poi chissà come avranno fatto a non riconoscersi subito…quante cavolo di persone ci sono nel litorale tirreno che tirano con l’arco??). Così "l’ultimo dei Mohicani" e il tuo amico che vive fuori città si erano conosciuti tantissimo tempo prima, e hanno cenato senza riconoscersi perché la mente si era probabilmente inceppata davanti alla possibilità che si trattasse davvero di quelle stesse persone che si erano incrociate più volte anni quindici anni prima…Una volta tolto il filtro, ognuno ricorda con chiarezza! Ma la cosa straordinaria sono…i sei gradi di separazione che nella trama delle connessioni "in rete" (la rete vera, sottile, di cui internet è solo una rappresentazione tecnologica) hanno collegato le vite di tre, anzi di cinque persone (tu, il tuo ex aspirante fidanzato, il suo migliore amico e il figlio del tuo amico romano che era il suo amichetto del cuore nell’adolescenza, l’amico romano. Posiziona il tutto anche in due città differenti. A volte la serie di eventi che collegano fatalmente le nostre vite assume proporzioni impressionanti. Siamo connessi e le connessioni sono molto più esigue di quanto pensiamo. Nei detti banali e vecchi, come il famoso "tutto il mondo è paese", si nascondono frammenti di antica saggezza. Più riflettiamo sulle sincronie e le trame dei nostri destini, più i sei gradi di separazione… diminuiscono ancora.
Complimenti
Dipinsi un quadro – cielo grigio – e lo mostrai a mia madre.
Lei disse bello, suppongo.
Così ne dipinsi un altro, tendendo il pennello tra i denti,
Guarda mamma, senza mani. E lei disse
Suppongo che verrebbe apprezzato da qualcuno che sapesse
Il modo in cui lo hai dipinto e fosse inetressato alla pittura.
Io non so sono.
Suonai un assolo col clarinetto del Concerto Per clarinetto di Gounod
Con la Filarmonica di Buffalo. Mamma venne ad ascoltare e disse
Bello, suppongo.
Così lo suonai con la Sinfonica di Boston,
Sdraiata e usando gli alluci,
guarda mamma, senza le mani. E lei disse
Suppongo che verrebbe apprezzato da qualcuno che sapesse
Il modo in cui lo hai suonato e che fosse interessato alla musica.
Io non lo sono.
Preparai un soufflé alla mandorla e lo offrii a mia madre
Disse buono, suppongo.
Così ne preparai un altro usando il fiato per montarlo.
Glielo servii con i gomiti
Guarda mamma, senza le mani. E lei disse
Suppongo che verrebbe apprezzato da qualcuno che sapesse il modo in
cui lo hai preparato e che fosse interessato alla cucina
Io non lo sono.
Così disinfettai i polsi, eseguii l’amputazione, gettai
Le mani e andai da mia madre, ma prima che potessi dire
Guarda mamma, senza mani, lei disse
Ho un regalo per te e insistette perché io provassi
I guanti di capretto blu per accertarsi che fossero della mia
misura.
Cynthya Macdonald, Complimenti
Le origini di Amleto
Abbiamo, in Amleto, un personaggio presente nel fondo della nostra consapevolezza, le cui ambiguità e incertezze, la cui tormentata introspezione e spassionata penetrazione intellettuale presagiscono uno spirito moderno. Il suo dramma è stato di dover essere un eroe cercando al tempo stesso di sottrarsi al ruolo assegnatogli dal Destino. Il suo lucido intelletto è rimasto al di sopra del conflitto dei moventi: la sua, insomma, era ed è una coscienza veramente contemporanea. Eppure questo personaggio, che il poeta ha reso uno di noi, il primo degli intellettuali infelici, nascondeva un passato di essere leggendario con lineamenti predeterminati, preformati da miti annosi. Amleto era circondato da un’aura numinosa, a lui conducevano molti indizi. Fu tuttavia una sorpresa trovare dietro al maschera una potenza cosmica che tutto abbracciava: l’originario signore della vagheggiata età del mondo (De Santillana, Il mulino di Amleto)
Già, proprio così. Amleto è una variante di Amlódi, l’eroe della leggenda islandese che narra del mulino favoloso dalla cui macina uscivano pace e abbondanza. Quando però arrivò il tempo della decadenza il mulino macinò sale, poi cadde in fondo al mare creando un vasto gorgo, il Maelstrom (la "corrente che macina"). Analogie e similitudini raccontano sempre la stessa storia, dall’aurora del mondo fino a oggi: quella dell’uomo che cerca sé stesso. E ci sono molti meno… gradi di separazione-appunto-di quanto solitamente pensiamo. Ieri come oggi. Cercheremo ogni tanto, quando avremo il tempo, di fare una navigazione collegando il passato al presente. Se usiamo per esempio il mito e la letteratura troveremo gli stessi archetipi di questa storia eterna. Chi naviga usando come bussola la "forma" dell’anima (e non forma-lizziamoci su questo termine) dipanata nei tempi e nei luoghi può provare a scovare i sei gradi di separazione…Ovviamente si viaggia leggeri, solo armati di curiosità. La bussola si orienta sotto il cielo stellato dello stupore. Ecco perché la spocchia è bandita. L’intelletto senza il cuore non serve a nulla. Lui, De Santillana, lo sapeva bene. E anche altri scrittori, studiosi, poeti insieme a tutti gli esploratori che cercano di farsi largo in mezzo ai turisti.
Scrivere il curriculum
Scrivere il curriculum
Cosa è necessario?
É necessario
e alla domanda allegare il curriculum.
A prescindere da quanto si è vissuto,
il curriculum dovrebbe essere breve.
È d’obbligo concisione e selezione dei fatti.
Cambiare paesaggi in indirizzi
e ricordi incerti in date fisse.
Di tutti gli amori basta solo quello coniugale,
e dei bambini solo quelli nati.
Conta di più chi ti conosce di chi conosci tu.
I viaggi solo se all’estero.
L’appartenza a un che, ma senza perché.
Onoreficenze senza motivazione.
Scrivi come se non parlassi mai con te stesso e ti evitassi.
Sorvola su cani, gatti e uccelli,
cianfrusaglie del passato, amici e sogni.
Meglio il prezzo che il valore
e il titolo che il contenuto.
Meglio il numero di scarpa, che non dove va
colui per il quale ti scambiano.
Aggiungi una foto con l’orecchio scoperto.
É la sua forma che conta, non ciò che sente.
Cosa si sente?
Il rumore delle macchine che tritano la carta.
Szymborska, Gente sul ponte
Case eco(s)logiche
Ma perché continuiamo a chiamare ecologiche le case fatte di legno?? Certo, il cemento non è bello, ma sicuramente è più eco-logico. Che poi sia un cazzotto negli occhi ogni giorno, d’accordo. E surriscalda anche la temperatura, va bene. Non vogliamo certo fare una crociata anti-cemento. Però piantiamola, per favore, di dire che la casa di legno è ecologica, tessendone le magnifiche lodi sulle riviste dedicate alle case e all’arredo. Non è vero, è una boiata. Quegli salottini deliziosi tutti in tek, libreria e parquet compresi, o l’amabile baita di montagna (che ora arriva anche nelle nostre campagne nella versione prefabbricato) NON sono inni all’ecologia. Perché, guarda caso, anche quelle sono fatte con gli alberi. Alberi decapitati che finiscono come materiale da costruzione per le nostre abitazioni che strizzano l’occhio alla natura. Natura morta, appunto. Sì, sono tante nature morte, sia che si tratti di interni o di esterni. Quindi di ecologico c’è poco o nulla. Forse c’è solo l’eco…della foresta che una volta era piena di alberi e adesso sembra una pecora appena tosata. Non si tratta, qui, né di condannare né di assolvere intenti ambientalisti o disboscatori folli. Si tratta di piantarla di dare alle cose un falso nome, atteggiamento oggi molto di moda.
Spocchie
"Come saremmo colti se conoscessimo bene almeno cinque libri", scriveva Flaubert. Conoscere bene vuol dire "conoscere", entrare dentro, far proprio. Invece la cultura spesso diventa cul-tura. Oppure Kultura. La seconda categoria, più infima perfino della prima, raduna spocchiosi del libro che, tra una nevrosi ossessiva e un brivido di onnipotenza, continuano a vivere in un mondo autoreferente in cui lui, il Libro, oggetto sacro, intoccabile, diventa lo scudo per un ego ipertrofico (o ipotrofico, la sostanza non cambia, cambia solo l’approccio) che teme di confrontarsi con il mondo reale. E poi non si diventa mica più intelligenti se si legge molto. Si diventa solo più eruditi. Il libro non è il passaporto per il funzionamento dei nostri neuroni, né tantomeno della nostra coscienza. Purtroppo molti, invece, vantano cervelli ineccepibili, menti sopraffine, e con la puzzetta sotto il naso si aggirano nei mondi culturali sentendo quel piccolo piacere persistente, annidato nell’Io, che li fa sentire grandi grandi. Diciamolo subito: solo alcuni nel mondo, e sono pochissimi, ieri come oggi, possono vantare una certa "spocchia". Nabokov, ad esempio. Le sue "Intransigenze" (leggetelo, è un libro bellissimo) sono note a tutti. Ma era un genio. Ora, di geni ne nascono pochi, pochissimi. E a un genio alcune intolleranze e vanità sono anche permesse. Ma gli altri, quegli eserciti di para e pseudointellettuali che circolano a piede libero con la loro spocchietta perché "hanno letto", o si occupano di libri, non pensano minimanente a prendersi un po’ in giro. Purtroppo. Perché solo la leggerezza dell’essere, solo l’arte del "cazzeggio" unito alla conoscenza ci dona davvero le ali. Altrimenti la cultura diventa una tomba. Del resto, i veri intellettuali sono già morti da un pezzo.
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