Francesca Pacini
Leggere e scrivere fanno bene alla salute. E non hanno effetti collaterali.

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IL PROFUMO DELLA ROSA

 

 

Da sempre il profumo di certi fiori, a primavera, ha su di me l’effetto di una madeleine proustiana. Risveglia memorie sopite, mi trasporta in sospensioni del tempo e dello spazio, in cui per un istante cessa ogni ansia, ogni divenire, ogni distacco.

Fra questi magici profumi, prediligo quello del gelsomino, del glicine, e della rosa.

Lo sa bene chi mi conosce, ed è costretto a subirsi i tuffi del mio naso nei soffici fiori. Li annuso con voluttà, ci ficco le narici ovunque mi trovi (mi fermo perfino quando sono in motorino: la vista di un glicine fiorito mi attira come un’ape verso il miele).

I meravigliosi, generosi ofori di queste piante sono per me alchimie del tempo: tutto si dilata, annuncia promesse soavi, culla memorie indistinte eppure persistenti.

Tutto è possibile, sembra sussurrarmi il profumo del fiore mentre abbraccia i miei sensi in festa.

E ogni dove, avanti e indietro nel tempo, in quel momento ha la stessa arcana transitorietà di un tramonto fiammingo.

Sì, qui profumi sono come luoghi di passaggio per altrove lontani, sono nuvole odorose che galleggiano lasciandosi andare con dolcezza alla deriva, senza direzioni né condizioni.

Quest’anno, finalmente, ho potuto inaugurare il mio nuovo terrazzo con queste piante speciali.

E, quando mi sono trovata a girare in cerca di rose, mi sono accorta, con stupore, di quanto sia difficile trovare esemplari davvero profumati.

Ci sono rose bellissime, di forme e colori seducenti: grandi petali gialli, bianchi, arancioni, fiori enormi o piccini, arbusti rampicanti o alberelli.

Ma il profumo non le abita tutte, le rose. Alcune sono meravigliose eppure completamente inodori.

E non c’è rosa se  non c’è profumo. Almeno per me. Sono cresciuta giocando nel giardino delle vecchie zie, pieno di rose giganti che ogni anno ci regalavano i loro aromi ambrati, fruttati, speziati…

Ricordo come fosse oggi lo scalpiccio dei miei piedini durante i "mosca cieca" intorno alle siepi di quel giardino incantato.

E oggi, oggi che sono grande, nelle rose ritrovo anche i profumi della mia infanzia, con quel gusto di borotalco appena spruzzato.

Ma non è stato facile trovare rose profumate. A Roma esiste un posto straordinario, il roseto comunale.

Fu uno dei primi posti che visitai, quando venni ad abitare qui. Ci sono tornata qualche giorno fa, ad ammirare le rose in piena esplosione. Le ho conosciuto tutte attraverso gli occhi e il naso (detesto le persone che, non viste, le violano strappando dei petali per profumarsi le mani), perdendomi nel prato delle meraviglie.

Eppure anche lì, gli odori a volte erano assenti.

E ho pensato a quanti fiori ci seducono come sirene attraverso le geometrie, i cromatismi, gli slanci verticali…

Ma per me, di nuovo, non esiste fiore senza profumo.

Sarà perché "sento" parecchio il mondo attraverso il naso.

E’ un conoscere antico che in parte abbiamo dimenticato.

Ecco, quei profumi sono la mia madeleine. Mi portano via, in una sorta di vertigine atemporale. Una vertigine che ha il sapore di mondi lontani. Quasi arcaici, primitivi.

Non posso salpare verso quei mondi davanti a una rosa senza odore.