Francesca Pacini
Leggere e scrivere fanno bene alla salute. E non hanno effetti collaterali.

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SANTORETTE DI MONTECRISTO

 

 

 

 

Santoro come Platinette? Forse, a guardare la tinta  platinata con cui si ripresenta in Rai. E non solo per quello assomiglia alla Platinette nazionale. Almeno per quanto riguarda l’ultima puntata andata in onda. Tema della puntata: la mafia.

Il giornalista inviato da Anno Zero insiste nell’intervistare, all’interno di un’edicola, un signore in odore di collusioni mafiose.

Segue un parapiglia in cui il giornalista viene invitato più volte a uscire, prima con le buone, poi con una infastidita via di mezzo, poi in mezzo a urla e spintoni.

E lui no, ritorna dentro con la sua telecanera, marca, incalza.

Più che nel programma di Santoro sembra di stare a Striscia la notizia, con  Fabio e Mingo che tartassano pubblici amministratori e sindaci indolenti. Oppure durante una puntata delle Jene, con le due carognette che pur di perseguitare il malcapitato si lanciano in voli da Superman.

O sembra, peggio ancora, di assistere ai sensazionalismi di Platinette, che appunto abbiamo citato, che non si arrende prima di aver strappato un pettegolezzo.

Ma la mafia, appunto, non è un pettegolezzo. É faccenda seria.

E allora perché scivolare in questo giornalismo da avanspettacolo che per far vedere "che c’è" sculetta come una prostituta a Tor di Quinto?

Non ne abbiamo bisogno, grazie. Brutto scivolone, Santoro. A volte la voglia eccessiva di rivalsa tira cattivi scherzi. E il giornalismo serio, d’inchiesta, finisce per diventare un bisogno asservito alla voglia di dimostrare, a tutti i costi, che siamo tornati.

Quando ti guardiamo, tutto sudato nello studio di Anno Zero,  tornato dopo "l’esproprio borghese", pensiamo che le tue passate e sacrosante ragioni rischiano di diventare solo livore, voglia estrema di un riscatto che in realtà può venire  solo dall’esercizio del buon giornalismo. Quello che una volta sapevi fare. Quello che, per quanto mai certamente simpatico, portavi avanti in modo brillante ai tempi di Samarcanda.

Poi sempre più insolente a causa del Potere, sempre più assoggettato all’Anello.

Sicuramente sei preferibile a quel secchioncello di Floris, con quell’aria da studente modello che non si scuce mai troppo, con quel sorrisino saputo di chi ha rubato la marmellata (quella di Santoro?) e se la gode.

Ma ora, caro Santoro, anzi Santorette, in omaggio al platino che sfoggi sulla cucuzza, rischi che la tua voglia di vendetta ti faccia inciampare nel terreno in cui di solito ti muovevi con agio indiscusso.

Non sei Edmond Dantes. Il conte di Montecristo lasciamolo alla letteratura.

La vendetta migliore in questo caso è la bravura. É il fare un giornalismo efficace. Come quello dei tuoi colleghi di Report, che preferiscono spulciare con ostinazione mille carte, studiare a menadito gli incroci e i risvolti di una faccenda, verificarne tutte le possibili connessioni, facendo onore al giornalismo d’inchiesta.

Sono molto più aggressivi loro di quel salamelecco del tuo giornalista che stressava il tizio che non voleva rispondere (manco si fosse trattato di un personaggio di spicco, poi). Sono molto più perniciosi. Più insidiosi.

Insomma, il livore non porta da nessuna parte. Consuma soltanto l’anima.

Anno Zero rischia di essere il tuo personalissimo 11 settembre se non molli i torti  del passato per guardare il presente. Senza agitarti, facendo solo il tuo mestiere. Lo sai fare. Altrimenti qualcuno finirà per dire: Meglio Fabio e Mingo che Santorette di Montecristo…

E non è il caso davvero.