Francesca Pacini
Leggere e scrivere fanno bene alla salute. E non hanno effetti collaterali.

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I VOLTI DI OSCAR

 

 

 

Nei giorni in cui il cinema propone Marie Antoinette, di Sofia Coppola, la memoria torna a Lay Oscar, Versailles no bara (La rosa di Versailles)  il manga realizzato da Ryoko Ikeda.

La trasposizione animata, realizzata nel 1979, approda in Italia con il titolo Lady Oscar. Ed è subito successo.

Perché, in realtà, la storia di Lady Oscar  "parla" attraverso codici universali. É una vicenda epica che riassume in sé molte altre facce, molte altre figure.

Nella letteratura ne incrociamo diverse.

Come quella di Joe, la scapestrata "piccola donna" di Louise May Alcott. Joe che vive da maschio, che osa sfidare il suo tempo e lascia la sua famiglia,  se ne va a New York  per misurarsi con la scrittura.

Come la figura di Orlando, la donna che migra nei sessi e nei secoli, ispirata a Virginia Woolf da Vita Sackville West, la sua amante. Orlando la cui ambiguità sessuale in fondo suggerisce la nostalgia dell’androgine che recupera entrambi i poli, quello maschile e femminile.

Impossibile, poi, non pensare a Giovanna D’Arco, la pulzella d’Orleans che guidò un esercito contro il nemico.

Ma, tornando indietro nel tempo, affiorano echi antichissimi, suggestioni mitologiche.  Come  quelle delle amazzoni,  le figlie di Ares-Marte, le donne guerriero che popolavano le pendici del Caucaso.  E quelle di Artemide-Diana, la dea della caccia. Fiera, combattiva, implacabile.

Lady Oscar vive in ogni figura femminile che affronta il suo destino.

Oscar nasce femmina ma "diventa" uomo, vivendo il conflitto e la contraddizione di un’ambivalenza che, in fondo, è la stessa su cui si regge il mondo (per quanto l’uomo tenti ostinatamente, disperatamente, di mantenerlo nel confortante orticello manicheo che non risveglia disagi).

Il suo dramma interiore la pone davanti a scelte difficili, come l’accettazione dell’amore clandestino della sua regina e del conte di Fersen, l’uomo di cui è invaghita ma che la considera solo  un "caro amico".

E tuttavia Oscar è anche uomo. Lo è nella misura in cui lascia vivere il cavaliere che è in lei. Ha il coraggio e la forza, l’aderenza a un ideale, quello della fedeltà giurata alla sua regina (anche a costo del sacrificio del suo amore) che però non esita ra ovesciare quando, nel suo percorso, inciampa nelle ingiustizie sociali inflitte ai più poveri, a un mondo extra-personale con il quale a un certo punto fa i conti.

Allora i confini crescono e invadono i territori delle convinzioni, ribaltando i concetti di lealtà, servizio, obbedienza.

 Senza entrare in oziosi dibattiti politici sulla monarchia di Luigi XV, la conversione di Oscar, la sua scelta di guidare il popolo verso la presa della Bastiglia, mostra la possibilità di un cambiamento davanti a un’idea in cui non ci si ri-flette più.

Certo, è un’eroina romantica, Oscar. Come Joe. E come Giovanna D’Arco. Poco importa che appartengano alla finzione o alla realtà. C’è sempre un po’ di realtà, nella finzione. E viceversa.

E non c’è nulla di male nel romanticismo che si distanzia dalla disperata esaltazione di una certa corrente (piuttosto decadente, a dire il vero). É il romanticismo delle passioni, sì. Delle anime "bollenti", non certo tiepide.

Eppure la passione misura con spietatezza i nostri attaccamenti. É la prova del ferro e del fuoco.

Lo sa bene Anna Karenina, ad esempio. Che porrà fine al suo attaccamento spezzando la sua vita su una rotaia.

Tuttavia, meglio vivere "surriscaldandosi", correndo il rischio di sbagliare, di incagliarsi, di avvitarsi, piuttosto che mantenersi nell’ombra accogliente che ripara dal vento.

Lady Oscar riassume in sè molti archetipi.

Un’eroina antica e moderna, diremmo. Purtroppo, però, come ogni eroina che si rispetti, si consuma troppo presto nell’alba del giorno.

 E brucia via.