Francesca Pacini
Leggere e scrivere fanno bene alla salute. E non hanno effetti collaterali.

Visita anche: : Editoria e Scrittura  |  La stanza di Virginia  |  La mia Istanbul

CAVALIERI

 

 

 

 

"Sono un cavaliere – dicevi nella tua mente – in quale modo potrò vivere come un maiale?".

Sai cosa significa cavaliere? É una parola antica, antichissima. Significa servo, ed è giusto che sia così, poiché chi vuole comandare deve imparare venendo comandato".

 

(Steinbeck, Le gesta di Re Artù e dei suoi nobili cavalieri)

 

 

 

Chi frequenta il Mulino lo sa benissimo. Sa che la sua proprietaria adora le saghe arturiane perché non perde occasione per richiamare alla memoria le gesta di Artù, Lancillotto, Merlino…

Al di là delle facili, banali  appropriazioni ideologiche (questo libro è di destra, questo di sinistra, e via discorrendo, mentre la letteratura è di tutti, come il pensiero raffinato, sublime, che andrebbe fermato…un istante prima del "marchio"), la saga del Graal è una storia eterna, senza confini e senza tempo.

Ma, soprattutto, si dimostra, come molti miti e leggende, tremendamente attuale.

Soprattutto nell’era del "siamo tutti maestri", del "so tutto io", delle iperspecializzazioni (l’unica area priva di addetti  ai lavori rimane quella dell’umiltà), ciò che dice la dama Lynn – c’erano sempre le dame, cioè il femminile, a guidare i cavalieri, i guerrieri, facendoli errare (nel doppio senso della parola) si rivela molto saggio.  E il senso della sua frase riflette un concetto troppo spesso dimenticato: chi vuole essere re deve farsi servo.

Essere umili è in realtà un atto di guerra. Di guerra interiore. 

Quanto ci costa caro, questo atto, ogni volta che il nostro piccolo, micragnoso e pusillanime Io si ribella per sconfinare, predare, attecchire, proliferare.

Vogliamo tutti "comandare", e mai servire. Fa paura, servire.

Eppure quello è il vero, autentico cavaliere. Non quello blasonato. Nè quello "arrivato", come il Berlusconi di turno.

Un cavaliere errante che percorre un regno interiore. Erra, cioè vaga ma allo stesso tempo sbaglia. Perché se non mi muovo non corro il rischio di sbagliare, mai.

Ma in questa avventura si impara a servire il prossimo, e a servire un Sé nascosto sotto gli stracci, il più volte delle volte (non a caso spesso nelle leggende il vero re si presenta povero, privo di diamanti e blasoni, come lo stesso Artù) a testimoniare che il vero "regno interiore" passa attraverso l’umiltà, il farsi "piccoli", vicini alla terra. 

Le parole della dama Lynn non fanno certo piacere. Eppure chiedono di fare una guerra. La più difficile, la più drammatica delle battaglie.

Quella contro il nostro egoismo.