Francesca Pacini
Leggere e scrivere fanno bene alla salute. E non hanno effetti collaterali.

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L’ABC DEL MORIRE

 

Questo è quel che la gioventù deve capire:

le ragazze, l’amore e la vita.

L’avere e il non avere,

il prendere e il dare,

e il tempo triste del non sapere.

Questo è ciò che colt tempo bisogna imparare:

l’ABC del morire.

Del partire senza partire,

dell’amare e dell’abbandonare.

E il peso insopportabile del sapere.

 

(E.B. White da Distacchi, di Judith Viorst)

 

L’Abc del morire. Non è facile. Ci penso spesso. Per i Tibetani tutta la vita non consiste che nella preparazione alla morte, al famoso bardo magnificamente descritto nel Libro Tibetano dei Morti. Racconta delll’anima che combatte la sua partita per non smarrirsi nel luna park di luci, immagini e colori: deve riconoscersi nella luce radiante per volare via e non tornar più sulla terra.

Non so, io, se ne sarò capace. Sono così intrisa di desideri e passioni. Così innamorata degli odori, dei suoni e dei colori, di quelle giornate magiche in cui ti sembra che il cielo sopra la tua testa sconfini nel cielo di tutto il pianeta, e allora il cuore fa un balzo e il respiro allarga i polmoni e li tende fino ai confini del mondo. In quei momenti, quegli ispirati momenti, penso a come il mio bardo sarà fragile, sbilenco, appeso alla terra e ai miei attaccamenti irrisolti.

L’Abc del morire. In effetti Pessoa diceva: " Siamo convinti di vivere ma siamo morti" alludendo, cioè, al velo di maya, all’illusione di vita mentre in realtà la coscienza profonda sta dormendo, come morta. Del resto, il sonno si ferma sul limitare della morte.

Se si legge il Libro Tibetano dei Morti, si scopre anche come per alcune tradizioni la morte somigli infatti al sonno, regolato da quelle immagini illusorie che sono i nostri sogni.

Eppure. Eppure se fosse così facile prepararsi a morire affronteremmo il passaggio tra i mondi con cuore spavaldo e occhio sincero.

Non lo è, invece. Strilliamo e ci dimeniamo e facciamo tutto il casino del mondo, per non morire.

Non siamo mica come i gatti, che silenziosi, in punto di morte, si rannicchiano da qualche parte aspettando l’attimo in cui il respiro si arresta. Lo fanno con naturalezza. Ecco, loro sì, loro sembra abbiano letto il Libro dei Morti.

Ma io no, non ce la faccio. So che alla fine, anche con la valigia in mano, mi guarderò indietro tremante, legata a questa terra che mi ha generosamente ospitato. Sarò come altre migliaia di uomini, che arrivano impreparati.

Pazienza. Mi allenerò. Ma allo stesso tempo voglio anche assaporare ogni morso di vita. Perché vivo sospesa fra il Cielo e la Terra. Non appartengo né all’uno né all’altra. Appartengo all’uno e all’altra.

In quei momenti speciali, quelli in cui guardo fuori e mi sembra che tutto il mondo stia dentro una foglia o nel sorriso liquido di una bambina, penso che l’Abc del morire stia anche nell’imparare a vivere.

E mi domando: avrò mai imparato davvero?