Merlino detta le sue poesie
Ho cent’anni. Un secolo è un’eternità da vivere e, una volta che lo si è vissuto, un pensiero fugace dove tutto – gli esordi, la coscienza, l’invenzione e la disfatta – si rapprende in un’esperienza senzza durata. Porto il lutto di un mondo e di coloro che l’hanno popolato. Sono l’unico superstite.
(Merlino, Michel Rio)
Merlino è una delle figure più belle del ciclo arturiano. L’ho sempre amato, find a quando vidi il meraviglioso Excalibur. L’ho amato nelle pagine dei romanzi medievali che ne narravano ascesa e declino, l’ho amato in ogni notte di Luna in cui la magia si specchia nel mondo terreno e scivola dolcemente sul dorso delle cose, dissolvendone gli argini.
Merlino racconta di un mondo pagano che fu, di un mondo in cui l’uomo viveva ancora a contatto con gli spiriti sottili degli elementi, abbracciando una natura da cui era a sua volta abbracciato, in un tempo circolare, incorrotto.
La sua sapienza è operativa, usa l’Acqua la Terra, il Fuoco e l’Aria. E’ lui a conoscere i destini del mondo. Ma anche lui, come ogni uomo, ha una debolezza. Sarà infatti Morgana a farlo inciampare, imprigionandolo, rubandogli la magia.
Non basta la sapienza del mondo, a salvarci. Corriamo incontro al nostro destino anche quando sappiamo che ci faremo male, attraversando i crinali dell’esistenza, facendoci spazio tra foreste di pietra che vorremmo trasformare in brezza.
Merlino conosceva il suo destino, ma non poté evadergli. Così doveva essere. E così fu.
E questa figura malinconica, che sussurra nelle foreste di un tempo che fu, vigilando sull’opera umana che nessun dio è riuscita a fermare, attende il tempo della dissoluzione affinché una nuova aurora si compia.
Merlino è incanto. Merlino è stupore. E’ il seme del bene e del male. Bagliore di ogni conoscenza e della sua fine. Magia degli invisibili mondi che abbiamo smarrito.
Nel suo sonno, il respiro ancora oggi si mescola al vento della foresta di Broceliande. Là dove l’uomo non osa ascoltare.