Zippare è comodo, diciamolo subito. Comprimiamo file e cartelle pesanti, le spediamo veloci veloci al destinatario. Il problema nasce quando pensiamo a questo sistema come a una metafora di un certo modo di essere, oggi.
Di essere come? Veloci, sbrigativi, comprimendo ogni larghezza e profondità del pensiero in modo da renderlo piccolo e agile come un francobollo. Uno scricciolo.
Del resto, siamo nell’era del multitasking, quella faccenda che ci rende capaci di fare milioni di cose in un solo momento: telefono e nel frattempo digito sulla tastiera del mio pc(attenzione, ho quattro finestre aperte sul web, e le sto seguendo tutte, contemporanemente), davanti a me ho mia sorella che seguo nella conversazione (dicendole: "tranquilla, tranquilla, ti sto seguendo, sono maldettamente di corsa ma sto seguendo anche te, non perdo il filo) e ho la coda dell’occhio parcheggiata sul cellulare, perché devo assolutamente mandare l’sms di risposta a Gino che mi chiede se stasera facciamo quella famosa cena di lavoro. Ah, dimenticavo, con la mano libera sistemo i fogli sul tavolo. In più, i miei neuroni stanno macinando pensieri a cascata, una pioggia mentale che fa venire il raffreddore, sarà anche perché le finestre aperte sulle cose di ieri-oggi-domani sono circa una quarantina (insomma, spifferi da pomonite).
E magari qualcuno, in queste condizioni, si sente pure fico. Già, perché ci hanno insegnato che multitasking è bello, che fare un sacco di cose insieme è da gente che "sa stare al mondo". Quando questo mondo, poveraccio, è diventato un pianeta che corre, pieno di formichine impazzite che ogni giorno sbracano sulle strade e corricorricorri fino a sera.
Ovvio, il multitasking diventa una necessità.
Ma è una necessità da pirloni.
Perché, di fatto, smaltito il singulto di onnipotenza, alla fine, la sera, ti ritrovi ad aver perso il contatto con ciò che facevi. La velocità non è amica della profondità, c’è poco da fare.
La miriade di pensieri e azioni compresse, condite con il multitasking, sciupano le ali dei nostri pensieri, svincolano l’essere dal contatto profondo con la sua essenza.
Non a caso i frati, la sera, srotolavano la giornata come esercizio di meditazione. Ripassavano, in senso inverso, ciò che avevano fatto da quando si erano alzati al mattino.
Be’, con il multitasking sarebbe stata dura. Davvero.
Ma questa pratica dei tempi moderni non è così smart come la società ci fa credere.
Rendere piccole le cose, e farne tante insieme, non fa di noi degli uomini migliori. Ma la società ha bisogno, soprattutto, di produttività. E allora sì, sì che in quest’ottica funziona.
Per fortuna gli scienziati si sono accorti che il multitasking, in realtà, stressa il cervello indebolendo memoria e concentrazione. Che ho detto? Mi sono scordata…