Ieri a Napoli alcuni senzatetto venivano sfrattati da una chiesa che avevano occupato abusivamente. Oggi, invece, la notizia del divieto per i mendicanti di sostare dentro le chiese, o nei loro paraggi.
Ora, lungi da me l’idea di predicare un buonismo sul quale ruzzola ogni intelligenza, è pure vero che si avverte uno stridore – in queste decisioni – con l’idea di un certo cristianesimo.
Soprattutto ad Assisi dove San Francesco, mendicante d’onore della città, posò le basi di una corrente religiosa votata all’aiuto del più debole, del povero, dell’emarginato, in linea con gli insegnamenti di Cristo. Che poi Francesco fu molto di più di ciò che viene tramandato e che fa parte ormai dell’icona classica (a volte un po’ da cartolina) in cui viene relegato a "fraticello buono" (mentre in realtà la sua vita e il suo pensiero mantengono forse uno strato occultato, nascosto, sfuggito all’angiologia ufficiale) fa parte di un’altra storia.
Vero è, comunque, che la notizia desta quantomeno perplessità. E sì, anche un pizzico di ilarità.
Ma insomma, questi straccioni dove devono andare se sono banditi perfino ad Assisi, nei luoghi di chi li accudì, li difese, vivendo perfino come uno di loro?
Sicuramente la loro non è una scelta spirituale (se avessere poderi e patrimoni dubito se ne sbarazzerebbero per girare come matti infilati in un saio e in un paio di sandaletti smozzicati): è, senza dubbio, una condizione figlia della Necessità.
Il punto vero è che oggi la figura del mendicante raduna realtà molto diverse fra loro. Innanzitutto è multietnica. Asiatici, mediorientali, africani, e poi albanesi, rumeni. E gli zingari. Frotte di zingari. Non tutti uguali per etnia e cultura, ma tutti sommati, nell’immaginario collettivo, sotto l’ombrello di un’unica, grande famiglia.
Nelle grandi città a volte è difficile trovare un mendicante doc italiano.
Ci sono i nipotini dei fiori (oggi diventati, purtroppo, figli dei fuori), che preferiscono fare braccialettini da vendere ai margini della strada o disegnare – in modo meraviglioso – Madonne sul suolo. E poi ci sono quelli dotati di animali. Cagnolini deliziosi che ti seguono imbrocianti dal loro giaciglio improvvisato, gattini al guinzaglio, a volte perfino pappagallini. Alcuni di loro sono davvero amati dai loro padroni, altri, invece, provengono dai canili, abili strumenti per impietosire i passanti (e sono tanti, purtroppo).
Ci sono i drogati, che affollano stazioni e dintorni con le loro storielle inventate (tipica quella della colletta per il viaggio in treno).
Insomma, un melting pot di strategie e necessità, furberie e bisogni reali.
Che fare davanti a un bambino rom? Negargli i cinquanta centesimi e fargli incassare il ringraziamento da parte del padre? La cosa più saggia, in questi casi, è forse comprargli un panino e una coca cola, davanti alla quale i suoi occhietti si accendono come due soli emanando raggi di gioia. Non sempre, però, il tentativo ha un buon fine (meglio i soldi, meglio non prendere le botte).
In questa giungla c’è anche chi ha realmente bisogno.
E se è vero che circolano anche ladri, sfaticati, imbroglioni, drogati, strategici storpi, è anche vero che allontanare questa umanità dolente dalle nostre chiese non mi sembra un gesto molto cristiano.
Non la cancelleremo relegandola solo sotto i ponti dei nostri fiumi o sugli scalini delle metropolitane. No.
Le pulizie non si fanno mettendo la polvere sotto il tappeto.
I senzatetto che hanno invaso la chiesa di Napoli sono molto arrabbiati, ma non meritano le parole dure di certi funzionari religiosi che vedono solo l’oltraggio al decoro e non quello alla dignità.
Il sacro non si preserva ignorando il "profano". E’ questo l’errore che fanno molti (ma che non ha fatto Cristo, di certo).
C’è qualcosa che imbratta una chiesa molto più di una folla sporca e affamata.
Si chiama indifferenza agli insegnamenti che si pretende di professare.
Ma quando si deve "fare" e non professare, si sa, tutto cambia. Ciò che è scomodo è scomodo, per tutti.
Certo, tutti noi vogliamo le nostre chiese belle e pulite, odorose d’incenso e di silenzio. Giusto.
Non possiamo però far finta che, prima di entrare, non esista lì fuori, lì intorno, quella folla stracciona e addolorata che ci pressa, ci tira la giacca, ci chiede aiuto e denaro.
Invece di arrabbiarsi o mettere quella polvere sotto il tappeto, sarebbe bene cercare di trovare il modo per far sì che quella polvere possa essere aria. E se non ci si riesce, una mano tesa davanti a chi la notte non sa dove dormire comunque non guasta.
L’anima "leghista" di certi preti farebbe bene a darsi una strigliatina.