Per fortuna agosto sta finendo. E così se ne vanno anche i tormentoni canori e musicali che affliggono chi in spiaggia vorrebbe rilassarsi, farsi un bagno, prendersi un po’ di sole.
Avevamo cominciato, anni fa, con il purtroppo famoso Vamos a la playa dei fratellini Righeira, scampati evidentemente a una disinfestazione musicale. Solo stati loro gli apripista di tutti i successivi tormentoni estivi. Tanto per citarne alcuni: Chiuaua, la Macarena, Dammi tre parole (sole cuore amore, ahimé). Canzonette che ti appestano le orecchie insinuandosi serpentinamente con le loro rimette facili facili, incalzanti, e che malgrado ogni resistenza e avversione ti fanno ritrovare lì, a canticchiarle come un demente mentre passeggi o fai la doccia. O addirittura mentre cerchi di concentrarti perché stai facendo qualcosa di importante. E ti perseguitano.
Il fatto è che l’ascolto ossessivo durante la stagione estiva impedisce l’evasione dai tormentoni. Suonati nei baretti sulla spiaggia, strimpellati dai megafoni della Publimare che nell’Adriatico opprime puntualmente, dalle 11.00 alle 11.30 del mattino e dalle 17.00 alle 17.30 del pomeriggio, tutti i santi giorni, i bagnanti, obbligati a sciropparsela sulla spiaggia (perfino se ti allontani a nuoto in acqua continui a sentire la musica e la pubblicità, per cavartela dovresti arrivare in Jugoslavia ma il fiato non basta…).
Del resto l’estate ci vuole tutti un po’ rincoglioniti. Spostadoci dalla musica ai libri, il tormentone "letterario" di quest’anno è Il Calisutra in cui lo stagionatissimo ma sempre in (s)forma Franco Califano dispensa consigli sulla sua ars amandi. Lui, il vitellone nazionale, eterna incarnazione del folclore romano che mescola burinaggine e filosofia spicciola, vocalizzi nazional-popolari e palpeggiamento di deretani, si gode il successo che, dopo la permanenza nel reality Music Farm, gli ha donato una seconda giovinezza che si gode con la bava alla bocca e le maniglione dell’amore che lo fanno sembrare un palo su cui sono impilati dei copertoni, promuovendo sui litorali il capolavoro della narrativa estiva.
E va bene. Continuiamo così, facciamoci del male, come diceva Moretti con ironia prima di incagliarsi per sempre in sé stesso.
Dunque al mare, tra la lettura del Califfo e le Macarene a squarciagola, è difficile rilassarsi davvero. E chi vuole rilassarsi poi? I bagnini propongono palestre da spiaggia con tanto di trainer e biciclette per fare spinning (a suon di musica lanciata da casse che sonorizzano la spiaggia riducendola a discoteca…e se non c’è la Publimare, ci sono loro).
Anche la fissa per i muscoli diventa così un tormentone.
Eccole lì, le barricadere della palestra, quelle sempre in pirma linea in fatto di fitness, issate sulle loro bici da spinning che corrono e sudano, e sudano e corrono, intubate nelle loro tutine sciogli-cellulite. Certo, devono "gasarsi" per non rendersi conto di quello che in realtà stanno facendo, cioè una fatica boia mentre una sana nuotata le rinfrescherebbe e aiuterebbe comunque i blocchi di grasso, e per gasarsi i rimti musicali che intontiscono e danno la spinta sono necessari, perché però devono devastare tutta la spiaggia con la loro musica a palla? E portatevi un Sony da casa, perdio…Ora c’è pure l’Mp3. I mezzi per non scassare la minchia al prossimo li hanno inventati. E invece niente, si e ti rimbecilliscono.
Ma insomma, perché d’estate siamo tutti cretini? Anni fa, a San Diego, vidi una maglietta molto eloquente. C’era un disegno con due cervelli. Sotto il primo, normalissimo, campeggiava la scritta: This is your brain. Sotto il secondo cervello che stava appoggiato su una sdraio, e indossava gongolante un paio di occhiali da sole infilati per proteggersi dai raggi cocenti, la scritta avvertiva: And this is your brain in San Diego. Geniale. Davvero geniale.
In fondo è così, lo sosteneva pure la teoria dei climi di Montesquieu. Il clima influsice sul temperamento dell’uomo. D’estate, con il sole, diventiamo più allegri, estroversi, carichi di ormoni guizzanti, di voglia di libertà e trasgressione. Ed è anche giusto. La pesantezza del vivere deve essere allietata, anche se alla fine si tratta di un Sabato del villaggio di leopardiana memoria, perché dura un lampo, l’attimo di un’illusione, e poi tutto torna come prima, e "del diman non v’è certezza".
Ed è bello divertirsi, fare gli scemi, uscire dagli schemi asfittici che irreggimentano i nostri inverni. Ci mancherebbe! Lo facciamo anche noi!
Però si può essere leggeri e divertenti senza sconfinare per forza nell’idiozia. O no?