CELENTANO DI SERA BEL TEMPO SI SPERA?
Finalmente il sogno di Fazio si è avverato. Finalmente ieri sera Celentano ha animato il salotto di Che tempo che fa. Del resto, lo aveva atteso come il Messia, con tanto di countdown che, nelle ultime settimane, veniva recitato come una litania.
Ebbene, Lui è finalmente attivato. Tutti contenti, ci siamo spalmati sulla poltrona per seguire il duetto.
Del resto Celentano è un gigante. Un’icona, un mito.
Solo che la contentezza si è progressivamente smosciata, come un canotto bucato.
Lui, Celentano, è sempre affascinante. Quando canta, quando fa le facce sghembe, quando sta zitto e ti fissa da dietro gli occhiali da sole.
Farà un bordello stavolta? In fondo Rockpolitik ha diviso l’Italia con i suoi tormentoni lenti e rock, con il ritorno di Santoro, con le frecciate a Berlusconi.
E un’intervista dovrebbe essere comunque foriera di affondi e ironie.
E invece no. Forse ci sarebbe voluta la barbarica Daria Bignardi perché Fazio, se possibile, si è fatto più ripetitivo e ossequioso del solito.
E così i due fingono di improvvisare dei siparietti in realtà studiatissimi, artificiosi. Tra esitazioni, finti imbarazzi, pause meditate, il duetto non decolla mai. Non è pirotecnico ma denso di salamelecchi e ipocrisie.
Francamente se la menano troppo, i due, con la storia dell’essere scomodi, con l’ipotesi di una chiusura del programma dopo il fatidico invito di ieri sera.
Manco fosse venuto Bin Laden.
Perché semmai se c’è uno che rompe le palle ai poteri politici, e che adesso è davvero antitelevisivo, quello semmai è Beppe Grillo.
Tra l’altro le domandine di Fazio non sono per niente appuntite. Scolastiche, inamidate, sono politically correct.
Insomma lente. Per niente rock. Tutt’al più hanno il sapore del liscio.
Ovvia puntatina sulla manifestazione anti-governativa, che si risolve però in due battute "Per cosa hanno dimostrato?" fa Celentano. "Contro la finanziaria". "Allora hanno fatto bene".
Embè? Tutto qui? Acqua tiepida. Dove sono gli incendi annunciati?
Poi si parla di potere, di tv (con qualche battutina leggermente salace, tipo "Siamo a Raitre, non siamo alla Rai, ci vuole un po’ di elasticità), di comuni che insozzano l’umanità con gli inceneritori. Ma il tutto impeccabilmente demagogico.
Non c’è niente da fare. Quando Celentano smette i panni dell’uomo di spettacolo per fare il filosofo da molleggiato diventa sfigato.
Sì perché non gli si addice. E’ spocchioso, moralista. Più bacchettone di quella religione verso cui punta il dito parlando di satira.
Per fortuna quella peste bubbonica della Littizzetto attenua un po’ la imbarazzante marchetta di Fazio (pari solo a quella fatta a Padoa-Schioppa). Stuzzica il Molleggiato ("Come sei sexy. C’ho le ovaie che fanno la ola"), porta l’acqua, si mette nelle sue solite pose selvagge che stonano meravigliosamente con i deliziosi vestitini che indossa.
Dell’incontro rimane solo la monumentale bravura del "Cele", come lo chiama lei, il suo indiscusso talento ( non un "cretino di talento", come lo ha definito Bocca, ma un "talento rincretinito" perché molla questa abbondanza di doni per ostinarsi a fare il guru televisivo), la sua straordinaria capacità nel creare atmosfere magiche.
Rimane una domanda: tutto qui?
Eppure si poteva fare di meglio. Perché…come fa quella canzone?
E intanto il tempo se ne va…