Fantastica, l’ultima trovata degli americani. Alcune biblioteche made in Usa hanno infatti deciso di monitorare i libri meno richiesti…per disfarsene.
Buffo, di solito in biblioteca si va proprio a consultare quei libri che di solito non troviamo altrove.
E tuttavia il marketing americano non riesce a non posare la sua longa manus perfino sui luoghi che, per loro stessa natura, dovrebbero vivere anche senza il tintinnio dorato dello scontrino.
E poi quali sarebbero i libri meno richiesti? Quelli che abbiamo tutti? Cioè la Bibbia?
Oppure i long sellers? I best sellers? Ma come distinguere?
E perché una biblioteca dovrebbe rifiutare di tenere almeno una copia di un libro? Perchè non è trendy, non "tira"?
O perché al contrario, se un volumo non è richiesto perché tutti lo abbiamo, per impedire all’unico sfigato che ne è sprovvisto di leggerlo gratis?
Mah. Misteri d’America.
E dire che lì di spazi ne hanno, altro che il nostro costipato stivale.
Le biblioteche potrebbero godere di aree immense.
Come immenso è tutto, in America, dalla circonferenza delle persone a quella dei meloni, dai cartelloni pubblicitari ai truck giganteschi che circolano su altrettanto sterminate autostrade.
Nel paese della taglia XL spalmata ovunque, un po’ come la Nivea dopo un’ubriacatura di sole, non si capisce perché gli spazi delle biblioteche debbano subire questa mutilazione.
I testi meno popolari banditi dalle librerie pubbliche. In questo caso, dovremmo anche sequestrare le biografie di Bush dai vari bookstore metropolitani, visto il collasso dell’indice di gradimento…
Scherzi a parte, questa notizia fa parte di quelle stranezze che attraversano un paese capace di unire intelligenza e ottusità come in una Cesar Salade appena fatta.
Peraltro il controllo commerciale sul catalogo spetta solo agli editori, come sappiamo. Un caso su tutti, l’episodio che vede protagonista la Random House in cui il nuovo manager-editore, acquistata la storica Penguin, sparò sul mucchio cancellando opere interessanti che finirono nel sottosuolo (Editoria senza editori, André Schiffrin), passando in rassegna le opere come se si trattasse di scegliere fra un Mastro Lindo o un Viakal.
Insomma, commercio-commercio-commercio. D’accordo, benissimo.
Ma non possiamo salvare almeno le biblioteche?
Mio nonno, quando ero ragazzina, oltre ad aver messo su la prima libreria della nostra cittadella sul mare era anche direttore della biblioteca comunale.
Ricordo con quanto rispetto e pazienza catalogava (allora si faceva con la matitina e il quadernone) i volumi, li rimetteva a posto, dava consigli.
Forse è "per colpa sua" che mi sono presa una cotta per la lettura tanto da tradurla in mestiere.
Certo è che che fa male ricordare tante attenzioni e poi leggere su un quotidiano di questa genialissima idea.
Molto "americana", ripeto.
A volte, per quanto ami molte cose di quel paese nel quale ho anche vissuto, l’America sembra davvero il luogo delle im-possibilità…