"Oh, sii qualche altro nome! – implora la Giulietta di Shakespeare rivolgendosi al suo Romeo – Che cosa c’è in un nome? Quel che noi chiamiamo col nome di rosa, anche se lo chiamassimo d’un altro nome, serberebbe sempre lo stesso dolce profumo".
Già. Le "cose" non cambiano cambiando i nomi. Perché allora oggi, affetti da quel buonismo che ci fa sembrare tanti Babbi Natali ambulanti (salvo poi veder emergere, implacabile, la nostra vera natura), diamo nomi diversi alle cose?
Gli omosessuali sono diventati "gay" (così lo spauracchio passa in un battibaleno)
Le donne delle pulizie sono diventate collaboratrici domestici.
I mondezzari sono adesso operatori ecologici.
Solo i lavavetri, poveracci, rimangono soltanto dei lavavetri…
Magari, però, troveremo un nome anche per loro. Che ne so, magari "pronto soccorso semaforico". Oppure "collaboratori per auto".
Non vi piace?
"Infermieri per quattro ruote", allora.
Comunque, "maeilio cambiave no"? Anche se non ci divertiamo a fare spot ammiccanti come la Hilton.
La sensazione è quella di uno sdoganamento linguistico che non corrisponde, però, a una modifica reale negli atteggiamenti. Non per tutti almeno.
Però ci fa sentire più buoni. Più tolleranti. Più civili.
Come no, basta girare un giorno in una metropoli per rendersene conto.
Collaboratrici domestiche sballottate di qua e di là in attesa di un permesso di soggiorno e un mercato meno nero. Tra l’altro bisogna vedere che razza di preferisce.
Meglio le filippine, che ci confortano perchè sono state le prime a sbarcare in Italia sostituendo i nostri camerieri e domestici che avevano voglia di fare altri lavori?
Oppure le brasiliane? Ma se mi capita un travestito??
Niente paura, le rumene sono bravissime, femmine al cento per cento. Peccato che potresti trovarti in casa il marito che ti svaligia l’appartamento.
Discorsi assurdi? Eppure, eppure alcuni li fanno.
Una mia parente che, guarda caso, abitava all’Olgiata (una delle zone più richhe e glamour della "Roma da bere"), un giorno d’estate davanti a una bibita annoiata almeno quanto lei mi raccontò dei suoi "collaboratori domestici". "Ma guarda che la prossima volta non prendo più la coppia, eh? Troppi problemi".
Manco si trattasse di due pappagallini. ..
Più che i nomi ( che alla fine, come dice Giulietta, non cambiano mai la sostanza delle cose,) bisognerebbe cambiare la sostanza di un atteggiamento.
Perché un operatore ecologico continuerà purtroppo a odorare di spazzatura, mentre lavora. Però magari se rispettiamo sul serio il suo operato, appunto, ecologico, possiamo smettere le nostre facce truci quando stiamo in fila dietro un camion addetto al recupero della spazzatura (e che invece a volte rischia un linciaggio in-civile).
Meglio ancora se la piantiamo di buttare i rifuti alla rinfusa o, colti da una sindrome napoletana. a lasciarli fuori dai cassonetti.
A volte c’è una casa intera, nei paraggi dei cassonetti. Sedie, phon, tavolacci e perfino i divani.
Occorrerebbe una ditta traslochi.
Ma ora che non sono più mondezzari, ora che sono operatori ecologici, noi siamo buoni sul serio. Noi sì che siamo una vera civiltà aperta e tollerante.
E chissenfrega della raccolta differenziata.
E poi non ci pensano più neanche i radical-chic, che una volta volevano sempre distinguersi…
Quanto ai gay, ora che non sono più finocchi e neanche froci grazie ai nostri esorcismi linguistici possiamo comunque permetterci di schifarci davanti alle manifestazioni dei Dico o di pensare alla Mucca Assassina come a un Sabbath moderno.
Insomma, non basta cambiare un nome per cambiare una realtà o un atteggiamento.
Con i nomi ci si fa poco. Contano i fatti, signori. I fatti.
E il vero "nome", quello autentico, quello che rimanda a un’essenza, è sempre un enigma da attraversare.
Il nome della rosa non modifica il fiore, hai ragione, Giulietta.
Non lo fa diventare un gelsomino né tantomeno un ciuffo d’ortica.
Ma si può perfino andare più in là, là dove i nomi perdono "il suono" e diventano così sottili da vibrare nella coscienza. Quei nomi che scendono dalla nave e si radunano nel bosco, per dirla con Jünger.
Il tuo Romeo, in quel caso, non sarebbe morto.
Ma siamo umani, noi. E abbiamo bisogno dei destini costruiti sui nomi.
Il bello è che non cambiano, quei destini, se li poggiamo solo sulla fragilità del loro nome.
Siamo noi, a dover cambiare.
A dover trovare il vero nome della rosa.
Ma quanto è difficile. Chissà se ci riusciremo mai.