Oggi la donna non tesse più con pazienza la sua tela che suggella la fedeltà al letto nuziale e allo sposo. Oggi è chiamata a combattere. Forse, però, ha perso qualcosa…
Delle battaglie femministe ho rispetto, ma certe postume esasperazioni hanno creato una controtendenza opposta, quella, cioè, di una donna eccessivamente marziale che ha ha smarrito il suo contatto con Venere.
"L’utero è mio e lo gestico io", gridavano, in quegli anni, le sorelle dei Porci con le ali.
Giustissimo. Solo che oggi, più che gli uteri, prosperano nel mondo femminile le sfere. E non mi riferisco certo a quelle di cristallo, di una Circe o una Morgana.
La donna eccessivamente maschile, figlia di Marte ma non di Venere, smarrisce i misteri della sua coppa, spezzando il contatto con le magiche notti lunari che tessono i segreti di Ecate.
Non è più accoglienza, custode del focolare (cioè custode del Fuoco, secondo quel senso profondo che gli antichi romani conoscevano bene), morbido riposo per il guerriero.
E’ guerriera lei stessa, adesso. Ma le troppe battaglie rischiano di virilizzare la radice delle sue arcane essenze. Il suo fiore nascosto ha bisogno anche di soavità, di carezze, di stelle.
Che fare dunque? Ahimé, giro invano da anni intorno a questo rovello, ma non ho trovato una risposta compiuta.
Penso che si debba trovare una giusta via fra le tante figure del passato, sottomesse, dominate, incapaci di guidare la propria vita, donne mute, spesso ferite, domate dalle culture maschili, e questa nuova figura di donna virago, caricatura a volte grottesca del maschio che ha scalzato dal trono dell’Imperatore (riducendolo spesso a una pallido fantoccio in cerca di Mamma), Medusa trionfante che si è riappropriata del capo mozzato.
Certe tensioni le sperimento sulla mia pelle. Tempo fa vivevo solo della mia scrittura e della mia capacità di comunicare, di avere idee, di realizzarle per altri.
Adesso mi trovo a dover gestire una mia (pur piccola) impresa. Per un lungo periodo ho rifiutato la parola "imprenditrice", continuando a ribadire che ero una "libera professionista". Eppure, a essere onesti, chi realizza un prodotto con il proprio marchio, organizzando persone, incastri, allestendo la catena di montaggio che segna l’alfa e l’omega di ciò che sta facendo, di fatto è un imprenditore. Ecco, mio malgrado sono diventata anche io imprenditrice.
E mi trovo a fare la guerra, ogni giorno, come le Amazzoni. Come tante donne che, come me, vivono nel mercato libero realizzando la loro professione. Il fatto è che quando passi dalla direzione di altrui agenzie a un’agenzia tua…tutto cambia. E la guerra si fa ancora più aspra. Marte incalza, reclama. Attacco e difesa. Difesa e attacco.
Così, ogni giorno, vesto la mia armatura e combatto. Cosa usa, la donna, in questo caso? Usa Marte, appunto. Ma senza Luna e senza Venere la donna è perduta. Davvero.
Così la sera, quando torno a casa, riaccendo le stelle del mio fiore segreto. Accarezzo il vaso, mi prendo cura della coppa, pulisco le armi, le metto in soffitta. Cerco di nuovo la circolarità dell’accoglienza per smussare gli spigoli della giornata.
Di notte, quando Apollo va a dormire, chiamo ancora la Luna in mio soccorso.
E spero che Venere, al suo sorgere e al suo morire, mi trasmetta sempre il soffio della sua appassionata virtù d’amore.
Penelope, io, non lo sono mai stata. Ma in guerra ci vado. Con la consapevolezza di non perdere mai quel filo di Arianna che mi lega al cielo del femminile.
Scarna è la vita di quelle donne che dimenticano l’essenza del femminile.
Femminile e maschile si sposano anche in una sola persona. Non a caso la Woolf parlava del vero scrittore come di colui che realizza "l’androgine" usando entrambe le valenze di cui è fatto il suo essere.
Inutile, oggi, scimmiottare i maschi, così come sono superate certe indolenze femmili.
Il secondo sesso, come lo chiama Simone de Beauvoir, non è secondo a nessuno. Perché allora agitarsi tanto fino a diventare maschera, macchietta, icona plastificata?
Il ghetto femminile putroppo sussiste. Le battaglie degli anni 70 hanno lasciato doni preziosi, ma c’è un tempo per tutto, anche per il lasciar andare, il mollare la presa su ciò che ieri fu utile e oggi è di ostacolo. "Le donne per le donne", "fatto dalle donne", "quando le donne lavorano con altre donne"… Non è più questo il tempo. Non più.
La solidarietà femminile è sempre benvenuta, tuttavia lo sbandieramento, l’ostentazione della "sorellanza" celano in realtà la insidiosa – e voluta – diffidenza verso una reale integrazione.
Insomma, questo "Donne per le donne, contro tutti" mi sa tanto di prigione dorata. Così, allo stesso modo trovo triste la "donna-maschio", quella che fa a gara in continuazione con il "sesso forte" (che di forte, oggi, ha ben poco…).
Io credo che il femminile debba essere "primo fra uguali", come accadeva alla tavola Rotonda di Artù.
Credo che la sfida vera, per la donna, oggi, sia quella di vivere appieno il suo esser donna, che si manifesta anche nell’essere serenamente integrata nel mondo maschile, con cui vive e lavora (quando non mette su anche famiglia).
Le "donne contro i maschi" , le "donne per le donne" sono sempre mutilate. Manca sempre qualcosa. Cosa? Quel luogo esatto in cui ci si affranca da antichi vizi senza cadere nella trappola della tendenza reattiva, esattamente uguale e opposta alla prima.
Difficile? Sì. Ma non troppo.
La vera battaglia da vincere è quella di una finalmente raggiunta serenità. Smessi gli abiti dimostrativi, l’Amazzone figlia di Marte combatte di giorno ma sa che la sera, finito il lavoro, chiederà a Nausicaa di venirla a trovare.
Sempre consapevole che se per lavorare come libere professioniste o imprenditrici è necessario usare la lancia e lo scudo, è altrettanto importante maneggiare balsami e lasciar frusciare le gonne.
In questo equilibrio, la bilancia del femminino finalmente troverà forse il suo peso perfetto.
Auguriamocelo…