Senza dubbio è l’era del personal. Personal coach, personal stylist, personal trainer…
Personal è glamour, è in, è trendy.
Ma a volte è anche stupido. Terribilmente stupido. Perché mai privarsi del piacere di gironzolare e scegliere cosa comprare per affidarsi a uno strapagato personal shopper?
E’ il caso, per esempio, di Alessia Piva, 31enne personal shopper a Venezia, che guadagna da 50 a 200 euro per un pomeriggio di compere insieme al cliente. Ha pure un sito, insieme a un’amica: www.styleandshop.com.
Be’, lei è un genio. Davvero. Farsi pagare per comprare scarpe e abitini insieme alla signora indecisa o senza gusto è proprio un bel colpo. Complimenti.
La capisco. Tiene anche dei corsi di formazione per aspiranti personal shopper, mestiere che pare conquisti clienti.
Chi non capisco, invece, è il cliente. Disposto a pagare per comprare in compagnia. Per carità, ognuno fa quello che vuole. Ma questo tipo di lusso mi infastidisce un pochino.
Forse perché quello dello shopping è un fatto talmente personale, da condividere magari con un’amica (due donne insieme, in questo caso, possono fare "danni " seri in giro per la città). Ma pagare qualcuno perché ci accompagni nei nostri pellegrinaggi…beh, mi sembra un po’ esagerato.
Il gusto è qualcosa di talmente personale da non avere bisogno – appunto- di un personal shopper. Ognuno ci mette il suo estro, il suo senso cromatico, estetico, le sue preferenze…e i suoi soldini. Perché aggiungerne altri per avere consigli?
Oggi paghiamo tutto, questo è il problema. Paghiamo tutto e tutti pur di sentirci alla moda, pur di piacerci e di piacere. Insomma la famosa "Milano da bere" della pubblicità anni ’80 non è affogata.
Mi viene in mente un’immagine triste, quella di un servizio dello sguaiato e prurignoso Lucignolo televisivo che mostrava, un anno fa, una folla di comuni mortali schiacciati come sardine sul molo di Porto Cervo. Aspettavano – da tutta la notte – il rientro in porto di uno dei tanti yacht su cui si affollavano vip.
Ore e ore in piedi, tutti premuti e spremuti per attendere l’attimo magico in cui i "personaggi" scendevano dallo yacht volgendo appena uno sguardo distratto a quella marmaglia. Mah.
E allora ecco, ecco che forse un personal shopper può avvicinarci un passettino di più verso quell’Olimpo radioso.
Saremo più "personal", meno anonime.
Belle come Venere, con le nostre borsone piene di acquisti e la nostra costosa consigliera al fianco, fedele come un soldato (mercenario), potremo sentirci vicine alle mode e ai modi dei nostri modelli.
Questa smania di personalizzare, però, alla fine ci rende tutti uguali.
Buffo, no?