Confesso: ho ceduto anche io alla tentazione. Sono su Facebook. Del resto, il mio lavoro si basa di comunicazione si basa anche sulle nuove tecnologie e i nuovi strumenti offerti dal web. Giusto, dunque, andare a dare un’occhiata.
Anche perché per visitare il sito devi essere registrato.
Così ho creato la mia pagina, provato a caricare qualche foto, cercato vecchi amici (ecco, di fatto su questo punto funziona davvero: ho ritrovato care persone nell’altra parte del mondo, sfumate nel tempo come accade ai titoli di coda).
Benissimo, bella esperienza. Con un click ritrovi vecchi amici. Ma poi? Che si fa su Facebook tutti i giorni? Si chatta, si chacchiera, si aggiornano le proprie pagine.
E così ho cominciato a imbattermi in frasi assolutamente indispensabili:
"Mi sto facendo la doccia"
"Che palle questa pioggia"
"Ho fatto il test Che animale sei?"
"Vado al mare"
"Vado in montagna"
"Sto a casa e dormo"
Insomma, uno zibaldone di assoulta necessità, per me e per il resto del mondo.
E. a questo punto, mi sono ritirata. Non capisco, forse sono troppo involuta per questo modernissimo mezzo. Ma a me di commentare questi squarci di intensa autobiografia davvero non va. E di me non saprei che dire…Che scrivo?
Oggi ho fatto la spesa
Ma a chi interessa? A me no di certo: l’ho fatta.
Forse posso evocare dubbi filosofici, sociali o sistenziali, posso sollevare punti interrogativi…
"Se ho sette caramelle e me e rubano due quante caramelle mi restano?"
La "scribacchio-mania" che oggi imperversa ha aspetti interessanti ma, diciamocelo, anche aspetti del tutto inutili. Forse ci vorrebbe, che so, una specie di "raccolta differenziata" delle comunicazioni.-..
E poi c’è il solito, vecchio discorso: i rapporti virtuali sono anche una trappola. Anche se ci si conosce fuori dal web. Il test di "immunità"al riguardo? Basta vedere quanto tempo dedichiamo alle tradizionali, faticose e impegnative relazioni "fisiche" dopo le nostre incursioni sul web.
Per questo Facebook è anche un po’ Fakebook.
Ci sono tanti "falsi" in circolazione, e non parlo del fenomeno, certo inquietante, delle identità "apocrife" piazzate sul sito, ma del nostro modo di relazionarci agli altri attraverso l’immagine che si decide di dare, protetta dalla frontiera del nostro schermo e del nostro mouse.
E’ un discorso che abbiamo già affrontato più volte, qui al Mulino.
E quando su Facebook vedo gente incollata allo schermo, tutta intenta a produrre intensi commenti sull’amica che ha comprato la crema antirughe (wow! brava! adesso sì che prendi il sole!) mi domando se non sia meglio provare a vederli, questi amici. Specie se abitano nella nostra città.
Non so, ma io continua a piacermi il guardare le persone dritto nelle palle degli occhi.
E poi, ho sempre una domanda che circola liberamente nella mia testa: ma la gente non ha niente da fare???
Visto che il tempo è sempre carente, mi domando quanto ne resti, dopo queste prolungate soste su Facebook, per fare ciò che ci piace. E, soprattutto, incontrare esseri umani "dal vivo". C’è ancora la stessa differenza che passa tra l’ascolto di un Cd e un concerto dal vivo. Almeno credo. O no?