Ieri curavo il mio terrazzo (che comunque lascio crescere in modo molto disordinato, selvaggio: non amo le piante "pettinate", che sembrano appena uscite dal parrucchiere). Potavo le rose, concimavo…e toglievo erbacce.
Ma, a un certo punto, è successo qualcosa che mi ha fatto riflettere molto.
Uno dei miei adorati gelsomini siciliani era invaso da un'altra pianta, cresciuta quasi a dismisura. Una pianta generica, non una "di razza", una di quelle piante che comumenete chiamamo "erbacce". Già, ma erbacce rispetto a cosa? Chi ha deciso quali sono le piante di serie A e quelle di serie B? Ecco, mentre cercavo di assassinare l'intrusa mi sentivo a disagio. Lei lottava con tutte le sue forze: ho dovuto infilare le mani nella terra e scavare, tirare, staccare pezzi…finché alla fine la radice, rassegnata, è venuta fuori insieme a un sacco di terra.
Ma non ero contenta dell'opera svolta. Chi ero io per stabilire che quella pianta, portata dai giochi del vento, non aveva diritto di vivere? Che ne aveva meno dell'altra?
Era lì, enorme, a terra, e io mi sentivo colpevole. Ingiusta.
E poi, a ben guardare, alcune non sono davvero brutte. Anzi, a essere sinceri, non eisste nessuna pianta che sia davvero brutta. Esistono piante più o meno belle, questo sì. E piante decorative, affascinanti…
Ma tutta quella flora anonima che finisce sulle nostre terrazze non ha forse anche'essa diritto di esistere?
Certo, troppe piante in un vaso finiscono per creare una competizione radicale in cui la pianta più debole è destinata a soffrire…
Ma mi è sembrato comunque ingiusto, almeno dal punto di vista dei loro diritti.
La natura è meravigliosa, e ogni sua creazione ha una ragione d'essere.
Perfino quelle che chiamiamo "erbacce".
Il mio glorioso gelsomino siciliano è libero, adesso, e ha recuperato tutto il suo spazio nel vaso.
Ma io sento di aver sottratto qualcosa di altrettanto prezioso, anche se in modo diverso.
E, davvero, non so se alla fine il mio terrazzo – già così "spettinato" – finirà per diventare luogo di approdo e sviluppo di quei quei figli di un Dio minore che noi buttiamo via regolarmente.
Del resto, che aspettarsi da una matta che fa la casina alla cavalletta a cui i gatti hanno staccato una zampa, accudendola per due giorni fino a darle l'estremo saluto?