"Fenomeno di clamoroso quanto inafferrabile successo, il terzanismo è una sintesi fra il blog e la spiritualità, fra la ricerca interiore e il cazzeggio internettiano sull’essere se stessi. Nasce probabilmente dalla forte impressione suscitata da Terzani dopo l’11 settembre 2001 con la sua risposta, Lettere contro la guerra, al pamphlet di Oriana Fallaci La rabbia e l’orgoglio. Conserva in sé l’ammirazion e laica per i reportage di Terzani dall’Asia, cioè per il giornalista più che per il sapiente o il maestro. E si alimenta anche di quel sentimento svagato rispetto all’attualità che connota chi è disinteressato alla politica e interessatissimo al mistero: "La morte di Tiziano l’ho appresa su un quotidiano gratuito", scrive nel forum (www.tizianoterzani.com, ndr) "bi1973", ossia "Barbara": "Io non seguo sempre la televisione, seguo pochissimi programmi (molto stupidi) e non seguo gli avvenimenti, i telegiornali". Mentre "Krimet" apre il dibattito sui temi trascendetali in questo modo: "La reincarnazione. Voi cosa ne pensate? E soprattutto cosa conoscete della reincarnazione?". É questo sincretismo distratto che non va giù a chi depreca "la trasformazione di Terzani nella guida spirituale per le giovani generazioni", come ha scritto Antonio Socci su Libero, deprecando quegli ambienti futili in cui "non si crede a Gesù Cristo, ma al ciarlatano o all’indovino che legge i fondi di bicchiere sì". Conclusione: "Il "caso Terzani" è un fenomeno mediatico, costruito col meccanismo industriale delle mode, proprio da tv, case editrici, internet e giornali, ovvero dal circo dei media consumisti in cui peraltro il guru ha lavorato – molto stimato – per decenni"".
(da un articolo di Edmondo Berselli pubblicato su La Repubblica del 1 agosto 2006).
Già, purtroppo Terzani è diventato un caso mediatico e Socci, magrado le sue crociate a volte davvero insopportabili, e certe intransigenze ottuse, non ha tutti i torti nel preoccuparsi dell’"affare Terzani". C’è da domandarsi però cosa ha fatto scattare quella molla nei giovani che lo seguono con tanta ammirazione. Per molti – ahimé – la miccia esplode certamente solo a contatto con quel cocktail esotico che tanto ci piace ai giorni d’oggi (un po’ di Budda e…"mi illumino di incenso"), un fritto misto con yoga, guru e baba di ogni direzione basta che sia orientale, respirazioni tantriche e gite asiatiche. Ma forse nel cuore di qualcun altro è sorta la domanda giusta, quella affiorata dall’interrogazione sulle motivazioni profonde che hanno portato un uomo intelligente, colto, venuto a contatto diretto con molte realtà "storiche", a disamorarsi di quella stessa "storia" cercando altrove le ragioni dell’essere, e dell’esistenza. Non è il Terzani delle magliette o del sito, quello che ci piace, né l’icona che stanno allestendo (da mettere vicino a Mao e Che Guevara) con la complicità della morte che distanzia la persona dalla nostra povera umanità fatta di carne e sudore, avvicinandola invece all’olimpo lucente in cui brillano per sempre gli dèi. Ma Terzani non era un dio, era solo un uomo che aveva avuto il coraggio di guardare profondamente dentro sé stesso. E anche intorno a sé. Aveva capito che il giornalismo, perfino quello più arguto, brillante, non poteva dar voce alle domande che si avvitano intorno alla radice dell’essere. Riportare la storia, narrare i "fatti" e le "persone" non gli bastava più perché aveva capito che il vero problema era altrove. Il radicalismo della gioventù a un certo punto franò sulla delusione provocata dalla constatazione che il comunismo in cui aveva creduto si era ridotto a una dittatura, ugualmente feroce e implacabile quanto quella dei vari nazismi e fascismi. Da uomo intelligente, si era spinto oltre domandandosi cosa stava "prima" della politica, e la generava. Curioso poi: Terzani e Fallaci, due giornalisti-scrittori che hanno viaggiato testimoniando con i loro reportage (veri capolavori, a volte) alcune guerre che hanno cambiato la storia, entrambi colpiti da un tumore. Lei ha risposto alla sua malattia aumentando la rabbia l’estremismo, gridando e dividendo il mondo in "buoni" e "cattivi" ("Ho visto il demonio ed era Bin Laden"), anche lei, mentre il tumore che scava in Terzani lo costringe a muoversi, viaggiare, cercare, per scoprire alla fine che per cambiare il mondo basterebbe cambiare sè stessi. Questo, ci piace, di Tiziano Terzani. La scoperta della sua piccolezza ("siamo come lo starnuto di una formica nel mondo"). Ma lasciamolo in pace, godiamoci i suoi libri sempre interessanti, senza costruire l’ennesima icona. E senza saccheggiare a vanvera le sue parole facendone una nuova fede. Di dottrine ne abbiamo già abbastanza, o no? Lui il suo viaggio l’ha fatto. Bene. A noi tocca il nostro. Nessun altro può farlo per noi.