E’ da una settimana che sorrido, ripensandoci. Quando un mio amico mi ha mandato un sms chiedendomi se volevo andare a vedere Angeli e demoni ho risposto di sì, anche se Dan Brown non è certo un autore che amo. Ho pensato a una sera qualunque al cinema, non all’anteprima mondiale del film! Il sospetto mi è venuto quando, arrivata all’appuntamento, lui mi guarda con aria vagamente schifata: "Ti avevo scritto di vestirti carina…" In effetti ero un po’…trash? Calamity Jane? Giubbetto di pelle rosso, jeans e stivali texani, pashmina bianca, capelli anarchici e sacca dello yoga (venivo direttamente dalla lezione). Lui, elegantissimo come sempre.
Insomma, partiamo diretti all’Auditorium di Roma. E, mentre arriviamo, il sospetto diventa realtà: mi trovo in un bagno di folla elegantissima, dove le signore sembravano le nipotine (e le nonnette) di Paris Hilton: tacchi trendy, capelli freschi di messa in piega, foulard elegantissimi e abiti da sera. Uomini: uguali (anche i capelli freschi di messa in piega) ma senza tacchi né gonne. Argh. Il sospetto cedeva il passo alla costernazione. Per quanto sono una che se ne frega, ero davvero troppo…fuori posto.
Sembravano tutti usciti dalla notte degli Oscar (e diretti alla Croisette). Okay, è la prima romana. Va bene, ho sbagliato. Mi faccio forza e sostengo gli sguardi delle placide signorotte (e resisto anche alla puzza di quei profumi). Prendiamo un aperitivo? Sì sì, prendiamo un aperitivo. Poi, all’improvviso, qualcuno chiede se Tom Hanks è arrivato. Tom Hanks? Non oso approfondire apertamente ma ci arrivo pian piano da sola: non è la prima romana, è la prima…mondiale. Gulp. E va bene, ormai ci sono. Una chiazza rosso pelle in un oceano di abiti scuri e gioielli. La calca avanza verso l’ingresso. Che prevede il famoso tappeto rosso. Ai bordi, guardie svizzere e transenne ovunque, al di là delle quali una folla di "gente qualunque" (io ero…coi vip) sbraita, si agita, sventola le mani e alza i decibel con la voce.
Ma mi faranno passare? Casino, pigia pigia, stress stress e strass strass…ma ecco che siamo lì, sul tappeto rosso. Rosso come il mio giubbino da motociclista.
Guardo le guardie, loro guardano – e guardiano – me.
Passo. E mi sento la Stephanie di Monaco de noantri. Certo! Per essere vestita così devo per forza sembrare la figlia sghemba di qualche riccone, la "strana" della famiglia di sangue blu (o dell’euro-sangue, che oggi paga, e non in senso figurato, di più). In "quel mondo" fa così – infatti – solo chi "se lo può permettere". Mentre avanzo sul tappeto e faccio la mia radical-chic-sfilata sotto gli sguardi degli "esclusi" mi viene davvero da ridere.
Appena entriamo ci sequestrano i cellulari. E passano alle borse. La mia non è una di quelle pochette di dimensioni subatomiche esibite dalle signore. La mia è una specie di tolfa in pelle sdrucita, molto vecchiotta. Ed è piena di oggetti di metallici. Di chiavi. Non sapevo che sarei dovuta passare attraverso un sistema di sicurezza degno di un G8. Così blocco la fila mentre gli agenti, impietosi, mi fanno aprire la borsa (cosa non c’è, nella mia borsa) e tirare fuori uno ad uno i nove mazzi di chiavi (beh, se sono la Stephanie di Monaco de noantri avrò pure una serie di proprietà, no?). Manco a farlo apposta, quel giorno avevo con me tutti i doppioni, perfino le chiavi di casa dei miei nelle Marche…Mi mancavano solo le chiavi del Paradiso. Dopo circa dieci minuti ce la faccio e, vittoriosa, mi dirigo nella sala con il mio amico e altri tizi di sua conoscenza (tutti elegantissimi).
Ci sediamo (posti in prima fila: ma stasera ce l’hanno con me…) e passa un’ora e mezzo di attesa prima che le star arrivino per la presentazione. Tom Hanks: simpatico, come sempre. Ron Howard: beh, mi piaceva di più quando era il Riky Cunningham di Happy Days, una vita fa.
Lei: attrice di cui non ricordo il nome. E poi, luce per gli occhi, il bell’Ewan Mac Gregor (ed è pure bravo)
Insomma, ce l’abbiamo fatta, tra l’entusiasmo della folla loro dicono le solite baggianate americane (ma fanno tanto glamour) e il film inizia. La cosa che mi è piaciuta di più? Il fatto che fosse in inglese (non riesco mai ad allenare questa lingua che adoro). E, guardandomi bene bene intorno, c’è anche un’altra cosa che mi è piaciuta un sacco: il mio vestito.