Avete mai fatto caso a come il pò imperversi…un po’ ovunque?
Il bello è che quando lo leggi sui libri, o sui giornali,. o sui titoli di testa delle redazioni dei vari tg, ti viene da pensare: refuso o ignoranza?
L’altro strafalcione che tartassa la lingua italiana è il qual’è. Lo troviamo ovunque. Sempre scritto con la sua inseparabile (e sbagliata) apostrofina.
Riflettiamo poi su due espressioni comuni: "le prime luci dell’alba" e "l’occhio del ciclone".
Ora, quanto alla prima, forse le prime luci dell’alba sono…l’alba stessa.
La seconda frase, invece, è bizzarra, perché diciamo di essere nell’occhio del ciclone quando stiamo inguaiati, alle prese con un tornado psico-emotivo, o professionale (o quel che volete). Solo che in realtà, se ci trovassimo realmente nell’occhio del ciclone, saremmo nell’unico punto…immobile e calmo.
A volte usiamo la lingua senza riflettere.
Invece, senza per questo fare i Torquemada o agitare la bacchetta della signorina Rotthenmeier (ve la ricordate, la gioviale educatrice di Heidi?) interrogarsi sul senso delle parole e delle frasi che usiamo è utilissimo.
Amare la lingua italiana vuol dire usarla senza farsi travolgere dalle sue gabbie, adattarla per cercare le nostre parole in mezzo a mari di possibilità.
Ma vuol dire anche cercare di verificare l’attendibilità di ciò che altri hanno scelto di dire anche per noi.
Buona caccia.
p.s. Per Petula, Zoe e gli altri: sto ancora combattendo coraggiosamente contro Telecom e Infostrada, ma per ora nulla. Si mette male. Grazie per la solidarietà…! Il Mulino resiste ma deve fare guerra ai colossi. Semmai il prossimo post arriva a casa vostra con un piccione, va bene?