Quando ero indolenzito, o addolorato, o in preda alla confusione, tornavo al magico libro.
I fanciulli sono violenti e crudeli, e buoni, e io ero tutte queste cose, e tutte queste cose si trovavano nel libro segreto. Se io non riuscivo a scegliere la strada al bivio fra l’amore e la lealtà, non ci riusciva nemmeno Lancillotto. Potevo capire la tenebra di Nordred, perché si trovava anche in me.
E in me c’era qualcosa di Galahad, ma forse non abbastanza. Esisteva in me, tuttavia, la sensazione del Graal, profondamente radicata, e forse esisterà per sempre"
(John Steinbeck, prefazione a Le gesta di Re Artù e dei suoi nobili cavalieri)
Non a caso Steinbeck è un eccellente scrittore. Non poteva trovare infatti modo migliore per spiegare la sua fascinazione – antica, radicata nelle terre remote dell’infanzia – per le versioni medievali della leggenda di Artù, che a un certo punto riscrisse usando un linguaggio contemporaneo.
Le suggestioni delle saghe arturiane, al di là di alcuni scempi commerciali (televisivi, editoriali), sembrano valicare la porta del Tempo.
Vero, ognuno di noi ha in sé pezzettini di Artù, di Morgana, di Viviana e di Mordred.
Siamo onesti, coraggiosi, luminosi, e allo stesso tempo manipolatori, vigliacchi, umbratili.
La lotta fra le nostre contraddizioni fa parte della vita. La vita stessa è conflitto.
Come in ogni mito e leggenda, il Bene e il Male che si combattono nelle vicende arturiane non sono altro che immagini esterne della nostra quotidiana battaglia interiore.
E se vorremmo tutti essere come Lancillotto, ci troviamo invece a fare i conti con Mordred. E quando proviamo a estrarre la spada dalla roccia questa non ne vuole sapere, e rimane ferma, incastrata, a ricordarci, con la sua fissità, le nostre fragili migrazioni.
Eppure continuare a cercare di sollevare Excalibur, idealmente, è impresa nobile.
Perché ognuno di noi, in fondo, aspira a usare quella spada per lanciarsi nelle avventure in cerca del Graal.
E gli echi di cavalieri, di dame e di maghi, di regni incantati governati dalla giustizia ancora oggi ci sussurrano le loro storie.
Spingendoci a cercare.