Si è conclusa Domenica la quinta edizione di Più libri Più liberi. Benissimo. Roma ospita la piccola e media editoria italiana in una fiera che cresce visibilmente ogni anno.
Diversa dal Salone di Torino, è più intima, meno globalizzata (per fortuna non ci sono le grandi concentrazioni editoriali, qui).
Grande fermento, vivacità. Gli stand sono presi d’assalto dai visitatori che trottano nei corridoi. E comprano perfino.
Una domanda, però.
L’editoria è in crisi, giusto? E lo è, malgrado i dati incoraggianti lanciati ogni tanto (ma sono solo ruttini di cicala in un deserto disabitato).
Come mai allora aumentano le pubblicazioni e le case editrici?
Accidenti, ogni anno ne nascono e muiono almeno trecento.
E sempre ogni anno, almeno 7.000 libri vengono inseriti nel mercato.
Moltissimi, fra questi, finiscono al macero dopo il reso della libreria (c’è il conto vendita, in questo settore).
Si fanno troppi libri, in Italia. Perché nel nostro paese il 50 per cento delle persone non legge neppure tre libri all’anno.
Ripeto: neppure tre libri all’anno. A che serve, allora, continuare a insistere nell’aumentare i titoli da lanciare? O nell’aprire case editrici?
Mah.
Purtroppo viviamo il grande equivoco della sacralità del libro, posto sull’altare divino al posto di altri lavori più rozzi . (A proposito, ieri sera in tv hanno dato la seconda parte del pessimo, atroce film "La sacra famiglia". Però anche un ateo dovrebbe domandarsi come mai Giuseppe, che cresce nientepopodimeno che il figlio di Dio, era un umile falegname).
Come a dire: fare l’editore "è fico", dà lustro.
Alcuni ne hanno fatto un’avventura straordinaria. Qualche nome romano? Voland. Minimum fax.
Altri però trincerano il loro ego e il loro narcisismo intellettuale dietro "il far libri".
Sapete una cosa, però? Non si diventa intelligenti solo per aver letto qualche libro in più degli altri.
Purtroppo la lettura – e la pubblicazione dei libri – agevola spesso la presunzione e comprime la coscienza.
Cioè tutto il contrario di ciò che questo mondo dovrebbe alimentare.
Per questo argomento rimando a un vecchio editoriale.
Poi ci sono i redattori, che spesso sono pagati malissimo, con stipendi da terzo mondo. Alcuni ci speculano, e promuovono feste e tour vari invece di aumentare la paga del povero redattore.
Purtroppo fare più libri non sempre significa dare maggiori stipendi, ma solo aumentare il lavoro.
E proliferano le case editrici a pagamento, che speculano sulle ansie di pubblicazione degli aspiranti scrittori, che non sono mai – peccato – aspiranti lettori.
Infatti tutti scrivono ma non leggono. Ve lo dice la sottoscritta che ha guidato per anni un’agenzia letteraria.
Questo contribuisce a ingolfare un settore già difficile.
Più sano, e più utile per tutti, promuovere realmente una sana didattica della lettura.
Recuperando il povero libro dalle grinfie di insegnanti parrucconi e distanti che ci hanno magari fatto odiare la lettura, al liceo come all’università.
Che l’hanno resa sterile, l’hanno ingabbiata negli schemi preconfezionati da esame, l’hanno "accademizzata" dando l’estrema unzione alle meraviglie del linguaggio che danno il famoso "brivido alla spina dorsale" di cui parla Nabokov.
Ecco, bisogna imparare a recuperare quel brivido. Quello stupore.
Il tremore davanti alla meraviglia di una storia e del linguaggio con cui è raccontata.
Per far questo occorre un passo indietro.
Meno libri, più educazione alla lettura.
Non basta leggere. Bisogna anche imparare a leggere per farne un fatto di coscienza e non di sterile erudizione da sfoggiare come un pavone nelle occasioni professionali o mondane.
Ecco, allora, forse, saremo più liberi.
E ne abbiamo davvero tanto, tanto bisogno…