La padrona di questo blog non scrive ogni giorno.
C’è però un motivo preciso, oltre al suo tempo…interdentale in cui riesce a stento a cucinarsi un piatto di pasta, almeno in questo periodo.
Il motivo è che il post quotidiano, se da un lato risponde al criterio con cui, nel 1999, sono nati in America i primi blog (web log), esplosi da noi nel 2001, dall’altro rischia di sottrarre spessore alle riflessioni, di sfiancarle senza dare il tempo di "metabolizzare".
Perlomeno in un blog come questo, soggetto a una cronica tentazione giornalistica ma soprattutto al desiderio di riflettere su alcuni argomenti, socio-culturali e non (ne ho parlato nel post precedente).
Non è, insomma, il classico blog monotematico, nè tantomeno un diario personale (dignitosissimo, intendiamoci. Ma non è questo il caso).
La blogosfera è un mondo complesso, affascinante, ricco di scoperte (ma anche di tanta mondezza, sia chiaro).
Oltre all’egosurfing, che rappresenta il vero demone del blogger (e che come tale va tenuto a bada… o al guinzaglio, come facevano le damigelle di Paolo Uccello con i loro draghi), ci sono anche alcuni casi in cui "l’ansia da prestazione di post" rischia di generare effetti spiacevoli.
L’altro giorno, con la mia amica Luisa Carrada, di cui certamente conoscete il bellissimo sito, discutevamo di blog e derivati.
E abbiamo coniato due espressioni piuttosto eloquenti a proposito di alcune varianti sul tema.
Una riguardava i blog collage, ovvero quei blog pieni di pezzettini sparsi, come parmigiano spruzzato su un’amatriciana, senza nessun filo rosso che faccia da guida (come un patchwrok cucito da un ubriacone), l’altra quei blog striminziti pieni solo di frasi un po’ stitiche ma "ad effetto", ovvero i blog bonsai, come li abbiamo ribattezzati.
Fare un blog in realtà è tutt’altro che semplice, specie se ci si affranca dal diario personale e si cercano altre strade, altri contesti, altre scritture.
I post solitamente si scrivono ogni giorno? In teoria sì, anche se in pratica le persone impegnate non postano più di due, tre cose a settimana.
Poi ci sono i blogger di razza, che postano cose interessanti ogni giorno. Ne conosco diversi.
Per gli altri, si rischia di inciampare nella postmania (con danni sulla qualità, per i blogger meno brillanti) mentre dovremmo pensare, forse, di scrivere solo quando abbiamo davvero qualcosa da dire.
Che faccio io con il mio blog? mi sono chiesta.
Al di là del tempo (solite scuse, a volte) perché non scrivo ogni giorno?
E mi sono trovata una risposta: credo sia importante, in un mondo che corre, fermarsi un po’ su un tema, creando, se possibile, un dialogo intorno all’argomento, che possa arricchire me e i vari avventori della locanda.
Un modo per coniugare le risorse del web, e dei blog in particolare, con l’amore per l’approfondimento e per quella conversazione intelligente che una minuscola community, fatta anche solo di due o tre persone, riesce magari a far fiorire.
Anche solo nello spazio acerbo di un paio di giorni.
Alcuni blogger, qui, ne hanno dato una fulgida prova.