I miei consigli a un critico letterario in erba sarebbero i seguenti. Impara a distinguere la banalità. Ricorda che la mediocrità prospera sulle "idee". Guardati dai messaggi alla moda. Domandati se il simbolo che hai appena scoperto non sia l’impronta del tuo piede. Ignora le allegorie. Metti a tutti i costi il "come" al di sopra del "che cosa", ma fa’ in modo che non si confonda con il "come mai". Fidati dell’improvvisa erezione dei peluzzi sulla schiena. A questo punto, non tirare in ballo Freud. Tutto il resto dipende dal talento personale.
(Vladimir Nabokov, Intransigenze)
Il genio assoluto di Nabokov si è spesso nutrito di ironia e sarcasmo. Capita a molti geni. Tagliente, insofferente, lo scrittore di Lolita nelle interviste spiazza sempre e comunque. Si diverte, eccome.
Con un umorismo che non esclude il rigore, per tutta la vita ha parlato di letteratura e scrittori, mettendo in luce anche le presunzioni e gli inciampi dei critici novelli, quelli che masticano teorie su teorie in cerca di una grandeur che, in realtà, è affidata alla sola capacità di comprendere la qualità e il valore letterario di un romanzo.
Nella società moderna, più che mai questo valore si inerpica su sentieri difficili che confondono le acque di un successo spesso destinato ai più scarsi (tanto per fare qualche esempio: Melissa P. e i suoi cento colpi di spazzola, il cuore di Susanna Tamaro, le nipotine di pulsatilla, le zitelle croniche alla Bridget Jones, i cacciatori di Graal di dan Brown, ecc.). In poche parole, fama e qualità vanno spesso…in luoghi opposti.
Il critico deve distinguere il valore letterario dalla potenza commerciale (cosa a cui invece stanno attenti, ovviamente, gli agenti e i consulenti editoriali), e porsi domande senza però inciampare nei tranelli così ironicamente descritti da Nabokov.
Che avvisa sull’importanza del "come". Sì, il "come".
La realizzazione, la qualità espressiva che suggella il compimento di un’opera.
Al di là di ciò che vediamo o leggiamo, dobbiamo sempre ricordarci di cercare anche il messaggio, l’intento. Non basta dire: "mi piace". Mi piace, bene. Perché? "Fa schifo". Anche qui, perchè?
Insomma, la critica letteraria è un esercizio difficile. Non per tutti.
Rischia di generare mostri simili a quelli che popolavano gli incubi di Goya.
Di fatto, i critici davvero bravi sono pochi. Anzi, pochissimi.