Francesca Pacini
Leggere e scrivere fanno bene alla salute. E non hanno effetti collaterali.

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C’ERA UNA VOLTA L’INFANZIA

 

Qualche tempo fa mi è capitato di rivedere, di nuovo, C’era una volta in America, il capolavoro di Sergio Leone.

Un film miliare, poggiato su sapienti e raffinati flasback, sull’esitare della macchina da presa che incornicia i volti. Un film costruito con maestria narrativa di rara bellezza. Malinconico, struggente, violento e allo stesso tempo poetico.

E, di nuovo, sono rimasta incantata dalla scena in cui la baby gag di Noodles incrocia Bugsy, con il quale si contende il territorio.

La fuga disperata del gruppo che si precipita dietro le auto parcheggiate, la caduta di Dominic, il più piccolo che, colpito dallo sparo mortale, si accascia a terra.

Mentre Noodles, corso in suo aiuto, lo tiene fra le braccia, prima di morire Dominic sussurra "sono inciampato".

Sono inciampato.

Semplicemente.

Avrebbe potuto  dire mille cose (imprecare, raccomandarsi, esprimere la paura della morte) ma sceglie quell’infantile,  laconico, drammaticamente tenero sono inciampato.

Una scena bellissima, sostenuta dalle suggestioni musicali di Ennio Morricone.

C’è un’altra scena, nel film, che racconta l’infanzia che permane dietro gli atteggiamenti adulti dei piccoli gangster.

E’ quella in cui uno di loro porta un dolce a Peggy, la prostituta adolescente. Con quel dolce si pagherà la sua "prima volta". Ma è obbligato ad attenderla fuori dalla porta. Gli occhi e le mani, furtivi, si posano timidamente sull’involucro di carta che custodisce la delizia di crema e panna. Lo spiano, lo aprono come se si trattasse di togliere il sigillo di un sacro tesoro, lo richiudono. Ma la panna è una tentazione troppo grande, più gustosa perfino delle morbide dolcezze di Peggy. E così si decide, e l’incontro d’amore viene barattato con un dolce nel quale si condensa il sapore della giovinezza che gode, golosa, della festa dei sensi più adatta alla sua acerba età.

Per qualche misteriosa associazione della memoria mi viene in mente il bellissimo "Ai giochi addio", scritto da Elsa Morante e musicato da Nino Rota, colonna sonora dell’incontro fra Romeo e Giulietta nel film di Zeffirelli (potete ascoltarlo qui >> )

Ai giochi addio per sempre, dì,
non sono più cose per te,
ai giochi addio.

Chissà perchè nemmeno tu
ancora spiegartelo non puoi.

Tu attendi un ospite
favoloso e incognito,
non sai che nome ha.

Forse il suo nome è dolcezza,
ma forse invece è amaro.
Forse il suo nome è splendore,
ma forse invece è oscuro.

Tu vuoi scoprire i suoi misteri
e al suo confronto tutto ti annoia.
I suoi regali fantastici attendi
come le notti dell’Epifania
Rimani sveglio pensando chissà
che mai ti porterà
.

Sarà perchè il momento della crescita comporta sempre quella malinconia sommessa ma persistente.

Sarà, forse,  perchè l’addio ai giochi è a volte promessa a volte incubo…