Neanche la pioggia ha così piccole mani.
(Tennessee Williams)
Sì. Le mani della pioggia sono sottili. Si fanno schiaffo o carezza nei giorni uggiosi dei nostri destini.
Amo la pioggia quando batte sul vetro del mio salotto. Ne disegno il profilo con il dito, seguendo i rivoli che come fiumi in disordine scorrono via. Il suo rumore penetra la mia pelle mischiandosi al sangue. Accade tutte le volte in cui la malinconia è benedizione, apertura verso altri luoghi sui quali la pioggia batte senza cadere.
Nei giorni di cielo grigio, gravido di nuvole che gonfiano pensieri e umori, sento di voler bene all’inverno.
Anche se allontana il riso infantile dei giorni estivi, avvicinandoci invece alle nostre profondità.
Eppure, eppure la pioggia solleva, accarezza, trasforma. Suggerisce la ciclicità dell’acqua che cade dal cielo e al cielo ritorna in una mutevolezza di forme che sconfina negli spazi più arcani.
Ed è vero, è vero che alcune persone hanno mani piccole come la pioggia. Mani capaci di entrare dentro, di infilarsi dappertutto, capaci di trafiggere con delicatezza e pudore.
Mani che scivolano sulle nuvole per accarezzare ogni sole.