Jorge Luis Borges
C’è un mistico indiano, Aurobindo, il quale diceva che non è possibile alcuna rivoluzione o evoluzione nella società, se non cambia e non migliora ciascuno degli individui che la compongono.
D’accordo, e credo che oggi si tenda a dare troppa importanza allo stato. E non solo allo stato; si pensa che un paese dipenda dal governo che lo amministra, ma forse i governi non sono poi tanto importanti, forse quel che importa è ciascun individuo, ogni singolo modo di vivere. Prendiamo un esempio a caso: supponiamo che la Svizzera sia retta da una monarchiae la Svezia sia una repubblica: i due paesi cambierebbero forse in qualche modo?
Tutto dipende dai cittadini.
Proprio così. Si tende a supporre che certe cose siano importanti, ma forse non lo sono affatto; si cade anche nell’errore di supporre che il governo sia il responsabile di tutti i mali che ci affliggono, ma forse il governo è smarrito e perplesso quanto noi, come ciascuno di noi. E’ la cosa più probabile.
Perciò Socrate dedicò la vita a educare l’uomo come cittadino.
Certo.
Infatti, se l’uomo non è formato come cittadino, anche se il governo è ottimo, la società non può funzionare.
La verità è che ciascuno di noi dovrebbe riformare se stesso, e solo così potremmo salvare la somma di individui che chiamiamo patria.
E’ così.
E dunque il mondo, perché il mondo è fatto di individui.
(Jorge Luis Borges, Altre conversazioni – con Osvaldo Ferrari)
Ecco, al di là degli tsunami elettorali (come li definisce la stampa questi giorni) forse dovremmo tornare a riflettere anche sul senso profondo dell’essere cittadini.
Tutto qui.