E incomincia a pensare se alla donna non vada attribuita una parte non lieve del male sociale. Come può un uomo che abbia abuto una buona madre divenir crudele verso i deboli, sleale verso una donna a cui dà il suo amore, tiranno verso i figli? Ma la buona madre non deve essere, come la mia, una semplice creatura di sacrificio: deve ssere una donna, una persona umana.
E come può diventare una donna, se i parenti la danno, ignara, debole, incompleta, a un uomo che non la riceve come sua eguale ne usa come d’un oggetto di proprietà; le dà dei figli coi quali l’abbandona sola, mentr’egli compie i suoi diveri sociali, affinché continui a baloccarsi come nell’infanzia?
(Sibilla Aleramo, Una donna)
Se pensate alle esternazioni di Veronica Lario in Berlusconi lasciate perdere. Si tratta di ben altro contesto. Con questo non vogliamo sindacare sulla scelta di fare di un rapporto di coppia un tour mediatico (pur attrezzati delle proprie sacrosante ragioni), di pubblicare una lettera privata su un quotidiano, di rendere "istituzionale" una crisi matrimoniale. Se ne stanno impicciando giornali e televisioni, che ci sono buttati come scrofe sul fango.
Qui vogliamo invece rendere omaggio a Sibilla Aleramo. Folle, selvaggia, inquieta.
La sua scrittura tesa, sempre sul bilico della vertigine, dell’affanno, salvo poi ricompattarsi, accesa da una fiamma di speranza, restituisce alle parole quella vibrazione profonda dell’essere in cui si specchia l’anima di una donna che ha fatto della sua vita una battaglia costante.
Ma Sibilla non è solo la scrittrice lucida, spietata, è anche un’ esploratrice della condizione femminile che sente di dover riscattare dai soprusi di troppi silenzi nei secoli. Da queste considerazioni agli eccessi del femminismo contemporaneo c’è una distanza simile a quella che occorre per attraversare a piedi il deserto del Gobi.
Fu sempre una combattente, Sibilla. Verissimo. E soprattutto non distolse lo sguardo dalla penosa condizione di un femminile consegnato a matrimoni polverosi, sbiaditi, proprio come quello di sua madre, che fu motore e carburante per la sua personalissima rivoluzione esistenziale.
A lei chi scrive ha dedicato un articolo sul primo numero di Silmarillon.
Non è un caso scegliere di battezzare una rivista parlando di una donna che ha vissuto numerosi scompigli senza mai abbassare il capo. Una donna che ha rovistato nella sua società, che ha pagato il prezzo dei suoi amori, di tutti, compreso quello per la scrittura.
Sibilla è moderna. Straordinariamente moderna.
Una donna, il suo esordio narrativo, è del 1906. Eppure, leggendolo, si ha la sensazione che la Aleramo ci parli "oggi", che il suo tempo (quello personale, non quello della Storia) coincida, come in uno degli incanti proustiani, con il tempo attuale.
Sì, è come una madeleine, leggere Sibilla.
Se ne esce arricchiti.
Con qualche malinconia in più, ma anche con la misura imponderabile della profondità di chi non si tira indietro davanti alla vista – spesso implacabile – delle sue contraddizioni.