Lavoro con le parole da tanti anni. A volte, quindi, mi "fisso" un po’ su alcune combinazioni che disapprovo. Considerazioni personali, magari, ma che comunque attingono a una certa coerenza nell’evidenziarne  l’inefficacia.

Sarà perchè la nostra lingua è così bella, così ricca di varianti infinite e di magiche combinazioni da scoprire nell’attimo dello stupore, quando fermiano i soliti percorsi mentali.

Ecco, quindi, una piccola lista – personale, ripeto – di parole abusate o male accoppiate tra loro:

Le prime luci dell’alba

(le prime luci dell’alba sono…l’alba stessa)

Nell’occhio del ciclone

(in realtà l’occhio del ciclone è l’unica zona ferma e tranquilla)

Ti dico la sincera verità

(una verità è già sincera)

Una rara eccezione

(avete mai sentito parlare di un’eccezione comune?)

E ora veniamo agli automatismi, quei modi di scrivere che azioniamo proprio come un pilota automatico e che diventano luoghi comuni ormai troppo abusati:

un silenzio assordante

un esordio fulminante

Un film indimenticabile

Si legge con il fiato sospeso

Una storia soprendente

Una persona bella dentro

E via scrivendo. Oggi, putroppo, parliamo tutti per slogan, dimenticando le acrobazie che le parole, se liberate, sono in grado di compiere.

Personalmente, sono arrivata alla saturazione con "Il silenzio assordante" che mi perseguita ovunque, sui libri e sui giornali. Coraggio, cerchiamo altri modi, altre metafore.

Già, la metafora. Anche lei omologata, ormai, come la Coca Cola. A partire dal famoso cuore d’oro che spunta ovunque.

Sono solo alcuni piccoli esempi, se ne possono trovare moltissimi.

Mi piace sempre ricordare una frase di un racconto di Borges che mi folgorò per la speciale combinazione delle parole:

"Passeggiavo per le strade di Buenos Aires in una serenissima vacanza della mente".

Una frase semplicissima e allo stesso tempo unica. Borges, come Calvino ma pure Màrquez e tanti altri scintillanti autori, era capace di impreziosire la prosa con la meraviglia dell’accostamento inusuale, senza renderla barocca a forza di prolungati virtuosismi e aggettivazioni infinite.

Ma Borges era Borges.

Noi, però, possiamo provare, ogni giorno, a sottrarre le nostre parole alla piattezza espressiva e soprattutto ai luoghi comuni cui le abbiamo abituate.

E loro, libere, sapranno incontrarsi in modi meravigliosi.

 p.s. gli errori ortografici più comuni sono invece: pò, qual’è, accellerazione. Peccato trovarli spesso anche sui giornali…La dice lunga sull’ozio mentale.

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